A due passi dall’Ikea e adiacente all’ex Acciaieria Megara. È qui che, in un’area di poco meno di sette ettari, potrebbe sorgere un inceneritore di rifiuti. A presentare il progetto, come verificato da MeridioNews, è stata durante il periodo del lockdown la SI Energy, società che ha la sede legale a Palermo, in via Enzo ed Elvira Sellerio, ma le radici nel Bresciano. Terra da cui arrivano Ettore Lonati e Amato Stabiumi, i due imprenditori che guidano Siderurgiche Investimenti, colosso dell’acciaio che controlla anche l’ex Megara. Sono loro che, a gennaio 2019, insieme a Giorgio Alberti – commercialista bresciano e titolare della M. M. Energie, società con 10mila euro di capitale – hanno costituito la SI Energy. Ed è proprio Alberti, nelle vesti di amministratore, che ha presentato l’istanza per la valutazione d’impatto ambientale del progetto. Procedura che prevede un costo d’istruttoria di oltre 600mila euro.
La notizia – la comunicazione alla ditta riguardante la procedibilità dell’istanza è partita a inizio settembre – arriva in un momento in cui il tema della gestione dei rifiuti e, in particolar modo, dell’impiantistica è tornato al centro dell’attenzione per una serie di motivi. Nelle settimane scorse, era stato il presidente della Regione Nello Musumeci a lasciare socchiusa la porta ai termovalorizzatori, intervenendo alla trasmissione televisiva Casa Minutella. Più di recente, invece, l’assessore Alberto Pierobon si era smarcato dicendo che gli inceneritori non sono una priorità. Ieri, invece, è stata l’associazione Rifiuti Zero Sicilia a sollecitare il governo regionale a prendere una posizione chiara sul tema, ricordando che proprio oggi scadrebbero i termini per fare sapere al ministero dell’Ambiente quale sia il fabbisogno della Sicilia in materia di impianti.
Botte e risposte che arrivano quasi in concomitanza con il parere definitivo che la commissione tecnico-specialistica della Regione ha dato al piano di gestione dei rifiuti. Ovvero allo strumento che in Sicilia si aspetta da tempo immemore e che dovrebbe fungere da bussola per disciplinare il ciclo della munnizza. Ma con un’avvertenza: nessuna indicazione precisa su quale tecnologia adottare ma dati precisi sui flussi che i singoli enti territoriali – oggi Srr, domani, con la riforma, chissà, Ada – dovranno gestire. Un passaggio che potrebbe sembrare formale ma che, invece, ruota su un assunto ben preciso; quello per cui non è più pensabile realizzare impianti di grandi dimensioni, che possano essere tarati su scala regionale o giù di lì. L’indirizzo – e a dirlo è la legge regionale di settore – è quello di limitare la gestione all’interno delle aree d’ambito.
E gli inceneritori o termovalorizzatori che dir si voglia? La cronaca dice che gli imprenditori continuano a scommettere sulla possibilità che in Sicilia, alla fine, si riescano a fare. Prima di SI Energy, a recapitare un progetto alla Regione erano stati i Leonardi, i padroni della discarica di Lentini arrestati nell’inchiesta della Dda di Catania Mazzetta Sicula, su una rete di relazioni pericolose e trasversali con funzionari pubblici e soggetti legati alla mafia. Restando in tempi relativamente recenti, era toccato al colosso dell’energia A2A tentare la strada dell’incenerimento nella Valle del Mela, finendo però stoppato dalle resistenze dei territori e dal Consiglio dei ministri, dopo una diatriba tra ministero dell’Ambiente e ministero dei Beni culturali.
Tornando al progetto della Si Energy, l’idea della società è quello produrre energia da rifiuti non pericolosi. A finire nell’impianto sarebbero rifiuti indifferenziati e altre matrici come rifiuti ospedalieri e fanghi disidratati provenienti dai depuratori. Il termovalorizzatore riceverebbe inoltre anche il fluff, ovvero gli scarti e le polveri derivanti dalle fasi preliminari della lavorazione dei rottami delle acciaierie. Quest’ultimo passaggio non è secondario: nella relazione che accompagna il progetto e che sarà al vaglio della commissione presieduta da Aurelio Angelini sono diversi i riferimenti ad Acciaierie di Sicilia. Il rapporto con lo stabilimento, finito trent’anni fa nelle cronache nere per il duplice omicidio di Francesco Vecchio e Alessandro Rovetta, sarebbe in un certo senso biunivoco: SI Energy prevede, da una parte, la possibilità di inviare ad Acciaierie di Sicilia «tutto il metallo non combusto dal processo e, quindi, recuperato dai rifiuti conferiti in impianto» e, dall’altro, la possibilità di usare – in alternativa all’immissione nella rete nazionale – l’energia prodotta dal termovalorizzatore per alimentare lo stesso impianto controllato dal gruppo guidato da Lonati e Stabiumi.
«Considerata la differenziata inesistente, il bando di gestione che va deserto da anni, la Tari alle stelle e il fatto di essere in ultimissima posizione nelle classifiche delle città green, Catania è la città perfetta per un imprenditore dell’incenerimento», dichiara Manuela Leone di Rifiuti Zero Sicilia. L’associazione ambientalista da mesi tiene alto il livello d’attenzione su quello che ritiene un concreto rischio di «piantare la Sicilia nel medioevo della sostenibilità per i prossimi decenni». «L’incenerimento – continua Leone – è ormai il fardello dei paesi ecologicamente sviluppati poiché antitetico agli obiettivi Clima e dell’economia circolare».
A vedere di buon occhio l’ipotesi di un inceneritore era stato, invece, l’assessore comunale ai Rifiuti Fabio Cantarella, che ne aveva auspicato la realizzazione nel corso della convention della Lega a Catania in concomitanza con l’inizio del processo a Matteo Salvini. «Prima di pensare a chiudere il ciclo dei rifiuti, Catania dovrebbe aprirlo – attacca Leone – Bisognerebbe iniziare a fare impianti che siano coerenti con la gerarchia di gestione dei rifiuti e il principio dell’economia circolare. I dati – conclude – dicono che dove sorgono gli inceneritori calano i livelli di differenziata».
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