«La Regione sembra puntare quasi esclusivamente sul fattore discarica, ricorrendo a periodici ampliamenti delle volumetrie autorizzate. Ma fino a quando sarà possibile?». Nei giorni in cui l’Ars discute la riforma dei rifiuti proposta dal governo Musumeci, una sonora bocciatura arriva dall’ultimo report di Fise Assoambiente, l’associazione che rappresenta le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali, e nelle bonifiche. Il report prende in esame tre regioni italiane dove i rifiuti continuano a rappresentare un’emergenza: oltre alla Sicilia, anche il Lazio e la Campania. Si basa sul report Fise Assoambiente e sugli ultimi dati disponibili forniti dall’Ispra, cioè il report 2018 su dati del 2017, anno in cui il governo Musumeci si è insediato.
«La gestione dei rifiuti in Sicilia (457,5 kg/ab/anno) è condizionata dalla percentuale record di conferimento in discarica (73%): circa 1,7 milioni rispetto al totale gestito di 2,3 milioni. Solo il 22% viene raccolto in modo differenziato, dato più basso a livello nazionale», sottolinea Assoambiente. Nel frattempo la percentuale di raccolta differenziata nell’isola è cresciuta al 39 per cento (dato di aprile 2019 fornito dal dipartimento Acque e rifiuti della Regione). Ma resta vivo il problema degli impianti di riciclo e del fortissimo condizionamento delle discariche.
Proprio ieri, nella discussione all’Ars, il presidente Musumeci ha parlato della volontà di «costruire impianti pubblici». Ma dall’opposizione hanno ricordato come alcuni provvedimenti del suo governo – il via libera all’ampliamento della discarica della Sicula Trasporti e la proroga alla Oikos – vadano nella direzione opposta.
Assoambiente punta il dito proprio sulla mancanza di impianti per il riciclo dentro l’isola. La frazione secca/indifferenziata, che continua a rappresentare in media oltre la metà di tutti i rifiuti, viene gestita «preliminarmente da impianti di trattamento meccanico-biologico tradizionali, quasi esclusivamente come tappa intermedia verso lo smaltimento in discarica e non come elemento dell’economia circolare. Scarsi, infatti, sono i quantitativi di carta, plastica, vetro e materiali ferrosi recuperati in queste strutture e successivamente avviati a riciclo».
Per quanto riguarda l’organico, «il 76% di questi rifiuti viene trattato da impianti di compostaggio a tecnologia non complessa presenti sul territorio che li trasformano in ammendanti vari. Anche qui – continua il report – il passaggio negli impianti di trattamento meccanico-biologico è propedeutico, addirittura per il 96% dei quantitativi, al successivo conferimento in discarica, il recupero di materia resta un’ipotesi residuale. La voce incenerimento non è presa in considerazione per la gestione dei rifiuti nell’isola».
«Lazio, Campania e Sicilia – commenta il presidente di Fise Assoambiente Chicco Testa – scontano l’assenza di una strategia di gestione dei rifiuti in grado di fornire una visione nel medio-lungo periodo. Fare economia circolare significa disporre degli impianti di gestione dei rifiuti (riciclo, recupero energetico e smaltimento) con capacità e dimensioni adeguate alla domanda e non limitarsi a delegare ad altre Regioni. Se vogliamo concretamente realizzare la circular economy è necessario superare da un lato l’approccio pregiudiziale verso la realizzazione di qualsiasi tipo di impianto di gestione rifiuti e dall’altro la diffidenza nei confronti dell’uso di prodotti derivati dal recupero degli stessi che ancora oggi vincola in molti casi la domanda».
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