La Sicilia è in piena emergenza igienico-sanitaria. Lo afferma, a chiare lettere, il governatore Rosario Crocetta, in un’ordinanza del 10 marzo scorso. L’àncora di salvezza, secondo il presidente, è il piano regionale di gestione dei rifiuti – che prevede anche la creazione di impianti ad hoc per la raccolta differenziata – fermo a Roma. Sebbene siano passati quasi tre anni dalla sua approvazione con decreto del ministero dell’Ambiente, avvenuta l’11 luglio 2012. Un piano che, a leggerlo adesso, appare perfino anacronistico e di difficile attuazione in molti suoi punti. E che metterebbe, nelle casse della Regione, più di 500 milioni di euro, tutti destinati all’affaire spazzatura.
La parola fine sull’emergenza rifiuti in Sicilia è stata scritta il 31 dicembre 2013, con la mancata proroga del commissariamento. Eppure da allora continuano la sfilza di ordinanze emesse dal governatore, culminate in quella della scorsa settimana, in cui si legge che la suddetta emergenza «non può che aggravarsi nei prossimi giorni, con conseguenze dannose sulla salute pubblica e sull’ambiente». Il provvedimento ricorda pure come delle quattro gare avviate per piattaforme pubbliche per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti – a Enna, Gela, Messina e Palermo – solo nel capoluogo siano in corso i lavori di realizzazione. Scorrendo le 362 pagine del piano regionale emergono altre criticità. Retaggio, in qualche caso, della mancata applicazione del precedente piano, quello del 2002, nel quale, per la differenziata, si pone l’obiettivo del 60 per cento, con una soglia del 35 per cento da raggiungersi entro il 2011. Secondo il piano nuovo, invece, nel 2013 si sarebbe dovuto raggiungere il 45 per cento, per arrivare al 65 per cento nel 2015. Pura utopia se è vero che proprio di recente l’Arpa Sicilia ha certificato che solo l’otto per cento dei rifiuti dell’Isola viene differenziato.
Che quello al vaglio del ministero sia un documento scarsamente aderente alla realtà, non solo sociale ma anche politica, lo attestano altri due elementi. Da un lato vengono assegnate precise competenze alle Province regionali, a partire dalla bonifica e dal recupero delle discariche, a dispetto di una legge di riforma degli enti locali al momento tutt’altro che scritta. Dall’altro non si fa menzione alcuna delle Srr (Società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti) fatte istituire da Raffaele Lombardo nel 2010, quindi prima del varo del nuovo piano dei rifiuti, la cui programmazione appare di vitale importanza.
Oltre che sulla minore produzione di rifiuti, il piano si regge sulla presenza di diversi impianti: di preselezione meccanica, di biostabilizzazione, di compostaggio, di recupero e discariche. Si prevedono anche tre strutture «per il trattamento del percolato prodotto dalle discariche», uno nella Sicilia occidentale, uno in quella centrale e uno in quella orientale. Per una spesa totale di 411 milioni di euro, di cui più della metà pubblici. La stima prevede di investire 147 milioni su Palermo (tutti a carico del pubblico), 28 su Catania (sempre a carico del pubblico), 60 su Messina (36 di iniziativa pubblica), 44 su Siracusa (23 a carico del pubblico), 34 su Ragusa (16,5 di iniziativa pubblica), 14 su Enna (5 a spese della Regione), 38 su Agrigento (21 a carico del settore pubblico), 26 su Caltanissetta (14 provenienti dalla Regione), 19,5 su Trapani (tutti di provenienza privata). In pratica, a carico di palazzo d’Orleans sarebbero gli impianti di compostaggio, uno per ogni singola provincia, esclusa Trapani dove non se ne prevedono. Oltre agli impianti di preselezione dei rifiuti indifferenziati (22,5 milioni), quelli di biostabilizzazione (28 milioni) e la discarica (25 milioni) di Palermo.
La spesa pubblica lievita a 480 milioni e 650mila euro sommando i progetti di riduzione e prevenzione di produzione dei rifiuti (cinque milioni), la riorganizzazione dei servizio di raccolta differenziata per il raggiungimento degli obiettivi prefissati (150 milioni), l’adeguamento dei centri di raccolta per il conferimento diretto da parte dei cittadini (oltre 17 milioni), la realizzazione delle stazioni di trasferimento (18 milioni). In tutto il piano, però, la Regione disporrebbe di una cifra più alta: 519 milioni e 162 mila euro. Un po’ presi dalle casse dell’Isola e un po’ presi da quelle europee. Ai quali si aggiungono 60 milioni di fondi del Cipe, che erano stati erogati per il trattamento dei rifiuti non pericolosi della discarica di Bellolampo. E altri 24 milioni di euro, che arrivano direttamente dallo Stato, destinati all’incremento della differenziata. Considerando che si fa fatica a trovare la quadra per la legge finanziaria, non resta che attendere segnali da Roma per capire quando davvero sarà operativo il piano e dove saranno scovate le necessarie risorse.
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