«Ci sono tanti sindaci di piccoli e medi Comuni del Palermitano, che hanno organizzato una buona raccolta differenziata, e che sono in difficoltà perché non sanno dove portare in particolare l’umido. I pochi impianti esistenti di compostaggio sono saturi. E accade spessissimo che l’umido vada a finire di nuovo in discarica». Il paradosso sottolineato da Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia, ben sintetizza la difficile situazione della gestione dei rifiuti a Palermo. A rendere ancora meglio la fotografia dell’esistente è il dossier Impianti Rifiuti in Sicilia, redatto proprio dall’associazione ambientalista. In 72 pagine di dati e analisi, il dossier curato dall’ingegnere Alisa Astuto punta il dito soprattutto sull’assenza di programmazione da parte della Regione e sui pochi dati a disposizione, spesso confusi. Con un piano dei rifiuti che è stato sottoposto a Vas e che ha ricevuto recentemente una sonora bocciatura da parte del ministero dell’Ambiente.
Nella provincia di Palermo si registra qualche miglioramento, ma soltanto a livello di raccolta differenziata. «La provincia di Palermo, con una popolazione di 1.260.193 abitanti ha visto un forte incremento percentuale della raccolta differenziata passando dal 17,3 per cento del 2017 al 27 per cento dei primi 9 mesi del 2018 con una produzione procapite di rifiuto urbano (RU) di 471,3 chilogrammi per abitanti all’anno pari a 593.919 tonnellate, di cui 43.252,9 di frazione organica». In ogni caso gli aumenti sono generalizzati in tutte le province siciliane, quindi il dato in un certo senso si ridimensiona. E soprattutto a dimininuire la media dell’area metropolitana è proprio il capoluogo siciliano, che ha appena raggiunto il 21 per cento di raccolta differenziata, a fronte di Comuni come Misilmeri e Prizzi che invece superano abbondontantemente quel 65 per cento indicato nel 2006 a livello nazionale come dato di efficienza.
E’ altrettanto vero che gli sforzi della giunta Orlando e di Rap per aumentare la produzione di raccolta differenziata sono innegabili. «Si tratta di una crescita molto al rallenty – osserva Zanna – L’unica nota positiva nella gestione dei rifiuti è certamente, a livello regionale, l’aumento della raccolta differenziata che è salita al 31 per cento. Ma è altrettanto vero che questo dato continua a scontare la zavorra dalle tre grandi aree metropolitane, dove siamo a livelli ancora irrisori. Il vero nodo sono dunque le tre grandi città».
Quale può essere allora il ruolo del Comune e dell’area metropolitana nella gestione dei rifiuti quale può essere? «Secondo la Regione deve essere quello di programmare la gestione dei rifiuti, lo spazzamento delle strade e individuare gli impianti, quando ci sarà la nuova legge con le nuove strutture che saranno le Ada – afferma Zanna – Noi riteniamo che sia un approccio sbagliato, perché toccherebbe alla Regione programmare in base a dove e quanto si producono i rifiuti. In questa fase la priorità ad esempio sarebbe quello di coordinare una maggiore differenziata».
In ogni caso le valutazioni presentate nel dossier di Legambiente riguardano prevalentemente la gestione dei rifiuti urbani e si basano, a seconda dei casi, sull’elaborazione dei dati pubblicati da ISPRA nel suo Rapporto Rifiuti Urbani – edizione 2018 (dati riferiti al 2017), o dai consorzi di filiera e dai sistemi collettivi. Più volte l’associazione ambientalista ribadisce il motto rifiuti zero, impianti mille. Nel palermitano al momento esistono due discariche – «la discarica di Bellolampo a Palermo e la discarica Balza di Cetta a Castellana Sicula, per le quali sono previsti degli ampliamenti consistenti» – e cinque impianti di trattamento rifiuti, di cui due pubblici e tre privati. Questi ultimi si trovano a Ciminna (gestione privata da parte della Green Planet, che fa digestione aerobica e anaerobica); Castelbuono (gestione pubblica da parte dell’Ato Pa5 in liquidazione, che fa compostaggio); Collesano (gestione privata da parte della Rcm ambiente, che fa compostaggio); Palermo (gestione pubblica da parte della Rap, che fa compostaggio) e un’altra, sempre nel capoluogo siciliano (gestione privata da parte della Pizzo vivai, che fa anch’essa compostaggio).
Inoltre «sono tre gli impianti di compostaggio autorizzati ma non realizzati – si legge nel dossier – a Termini Imerese (pubblica), Bolognetta (pubblica) e Terrasini (privata); esistono poi gli impianti di compostaggio di Bisacquino (pubblico), attualmente non funzionante perché ancora in atto la direzione dei lavori e quello in costruzione di Polizzi Generosa (privato). Infine è in atto l’iter autorizzativo per un impianto per la produzione di energia elettrica e termica di proprietà privata da realizzarsi a Vicari».
L’obiettivo dell’autosufficienza territoriale, dunque, sembra comunque lontano. «Ecco perché parliamo di qualità della raccolta differenziata – osserva ancora il presidente di Legambiente Sicilia – Chiaramente siamo ancora lontanissimi da un concetto del genere, ma bisogna cominciare ad affrontare il tema. Quando 15 anni fa parlavamo di raccolta differenziata tutti invece puntavano sugli inceneritori. Adesso la differenziata sembra a un punto di non ritorno. Segno che dei temi importanti bisogna cominciare a parlarne prima. Per esempio la possibilità di avere un impianto di gestione anaerobica a Bellolampo, dove poter gestire l’umido, sarebbe un grande passo in avanti. Spingerebbe di più la raccolta differenziata».
In questo contesto, dunque, parlare di economia circolare è ancora pionieristico. Le singole positive realtà, infatti, non riescono ancora a incidere molto a livello di sistema. Nonostante, come fa notare Legambiente, «il 2018 è stato l’anno dell’approvazione da parte dell’UE del “pacchetto economia circolare”: si tratta di ben quattro direttive europee, in vigore dal 4 luglio 2018 e che gli Stati membri dovranno recepire entro il 5 luglio 2020 ed è per questo che i prossimi mesi saranno determinanti per la loro attuazione e per il raggiungimento dei nuovi obiettivi previsti».
Nel palermitano, infine, neanche il riciclo e il riuso sono particolarmente diffusi, se non a livello di singole buone pratiche. E «nella proposta di piano regionale di gestione dei rifiuti nulla di concreto viene programmato per i centri di riuso, demandando ai Comuni la loro istituzione all’interno dei centri comunali di raccolta, così come semplicemente prevede la normativa». Allo stesso modo «la Regione Siciliana, al netto dell’accordo di programma con il CONAI, siglato a febbraio 2019, pare che abbia voluto lasciare alla buona volontà dei Comuni l’organizzazione di tutta la macchina della riduzione, riutilizzo, preparazione al riutilizzo e riciclo che invece, nell’ottica dell’economia circolare, è proprio quella che va pianificata».
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