Dopo due bandi andati deserti, il Comune di Catania ritenta. Sperando di essere più fortunato. Così oggi torna online il bando settennale per la raccolta dei rifiuti nel capoluogo etneo: 346 milioni di euro di importo totale e scadenza per la presentazione delle domande entro il prossimo 14 febbraio. Sempre con il benestare dell’Anac, sottolinea l’amministrazione in una nota diffusa alla stampa. Perché senza il parere dell’Autorità nazionale anticorruzione non si canta messa, soprattutto considerando che attorno alla spazzatura in Sicilia ruotano spesso gli appetiti della criminalità organizzata.
Il primo dato che salta all’occhio tra i bandi precedenti e quello nuovo è l’importo: più alto di 27 milioni di euro. «L’aggiornamento operato tiene conto dei quantitativi di produzione dei rifiuti negli anni 2015-2016 – si legge nel disciplinare di gara -, delle variazioni dei prezzi intervenute tra il periodo di redazione del Piano di intervento e il corrente anno, e delle tempistiche di messa a regime dei servizi». Uno degli elementi che avevano portato diverse aziende a ritenere le precedenti gare d’appalto antieconomiche e, dunque, a snobbarle.
Nel nuovo capitolato d’appalto, la ditta (o le ditte) che si aggiudicheranno il servizio dovranno raggiungere una percentuale di raccolta differenziata media, nel primo anno di servizio, pari o superiore al 17 per cento. Nel secondo anno, la cifra sale al 34 per cento. Nel terzo anno, in ogni semestre, la percentuale dovrà invece essere pari – o superiore – al 65 per cento del totale dei rifiuti raccolti. Potranno partecipare alla gara le imprese che avranno ottenuto, nel triennio 2014-2015-2016 un fatturato complessivo (spalmato in tre anni) di almeno 150 milioni di euro. Dei quali almeno 120 milioni derivanti dai servizi di raccolta dei rifiuti.
In questa nuova gara, inoltre, sono inclusi i lavoratori del «bacino prefettizio». Cioè 105 persone, vittime di licenziamenti collettivi in aziende private o in partecipate comunali. Tutti lavoratori usciti dal mondo produttivo e inseriti in una lista realizzata alcuni anni fa in accordo tra il municipio e la prefettura di Catania. «Sono previste delle premialità per le aziende che decideranno di assumere, qualora abbiano bisogno di ulteriore personale oltre a quello dell’appalto in sé, questi operai», conferma a MeridioNews l’assessore all’Ecologia Rosario D’Agata. Del resto, le loro proteste avevano fatto rumore a Palazzo degli elefanti, soprattutto dopo che erano stati loro proposti i cosiddetti «contratti a saltare», che prevedevano una rotazione del personale impiegato.
Al momento, a occuparsi – tra le polemiche – dell’igiene urbana all’ombra dell’Etna è il consorzio Sen.Eco.. Composto cioè dalle aziende Senesi ed Ecocar, aggiudicatarie – da uniche partecipanti – del mini-bando da undici milioni di euro che è stato approntato dal Comune ormai un anno fa. E che prevedeva la possibilità di prorogare l’affidamento almeno per due volte, e comunque fino all’aggiudicazione della gara settennale. Nel frattempo di acqua sotto i ponti ne è passata: oltre ai già noti legami di Ecocar con la famiglia Deodati (la stessa proprietaria della Ipi, precedente appaltatrice assieme a Oikos), è arrivata anche la scure dell’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto Rodolfo Briganti, amministratore delegato di Senesi, accusato di avere tentato di corrompere l’amministrazione di Aci Catena per evitare di pagare le sanzioni previste per i disservizi della raccolta della munnizza. Contestualmente, Senesi era stata sequestrata ed era finita sotto amministrazione giudiziaria. Il commissariamento, però, si è interrotto poco prima del Natale 2017 e la ditta è tornata nelle mani dei suoi proprietari.
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