Rifiuti, impianti di compostaggio non bastano più «Rischio emergenza e l’umido finisce in discarica»

Finalmente la raccolta differenziata in Sicilia, dopo anni di sanzioni della comunità europea, sembra segnare un’inversione di tendenza, con un trend in positivo aumento. Ma per un bicchiere mezzo pieno, eccone pronto un altro piuttosto vuoto. Gli impianti di compostaggio per il conferimento della frazione umida sarebbero insufficienti. 

Se l’assessore al ramo, Vania Contrafatto, ci va cauta e parla di impianti che «fra poco potrebbero non essere sufficienti», è il dirigente dell’Ufficio speciale per la differenziata, Salvo Cocina, a lanciare l’allarme: «Il fabbisogno regionale attuale, grazie alla crescita della differenziata – racconta – è di 200mila tonnellate l’anno, mentre la capacità reale degli impianti attualmente esistenti è di 130mila tonnellate. C’è uno scarto effettivo di 70mila tonnellate. È una criticità già adesso, ma se non si porrà rimedio è molto probabile che il caso esploderà a fine anno».

A non essere d’accordo col responsabile dell’Ufficio speciale è invece il dirigente del dipartimento Acque e rifiuti, Maurizio Pirillo, secondo il quale «appena un paio di anni fa, cinque gare relative agli impianti di compostaggio sono andate deserte. Io temo – dichiara – che il dato in termini quantitativi sia ancora molto debole, prova ne sia che impianti pubblici come Castelvetrano, Dittaino o Bisacquino sono inattivi. Negli anni di autorizzazioni la Regione ne ha concesse 45, eppure gli impianti non sono stati fatti, segno di una domanda non ancora incisiva sul mercato». C’è di più: Pirillo ipotizza che i dati raccolti finora sulla differenziata «potrebbero contenere errori, perché basati sulle autocertificazioni dei Comuni. Io mi sentirò di dire che la differenziata è aumentata – ribadisce il dirigente – quando i dati Ispra, che funzionano su base annuale, confermeranno un trend in diminuzione nei conferimenti in discarica».

Attualmente gli impianti di compostaggio pubblici sono Kalatimpianti di Grammichele, Sogeir Impianti di Sciacca, Castelbuono e Gela. A questi si aggiungono i privati di Joppolo Giancaxio, il Sicilfert di Marsala e Ofelia Ambiente di Ramacca. Gli impianti pubblici chiusi per mancanza di manutenzione sono quelli di Enna-Dittaino, di Castelvetrano e di Bisacquino (rientrato nella liquidazione fallimentare dell’ex Ato e dismesso). L’impianto di Vittoria ha in corso di progettazione l’adeguamento della struttura, mentre quello di Ragusa è in corso di affidamento.

A Sciacca, ad esempio, l’impianto (che ha una capacità massima di 14mila tonnellate annue) risulta già a regime, con una media di 1.100 tonnellate mensili conferite dai 17 Comuni soci della ex Ato, ai quali si aggiungono una decina di Comuni, tra i quali il centro più riciclone dell’Isola, Campofiorito. Ma sembra che diversi Comuni chiedano di conferire l’umido nell’impianto di Sciacca, come in quello di Kalatimpianti, che registra richieste da almeno 50 Comuni. Secondo Cocina, «succede già adesso che molti Comuni conferiscano l’umido in discarica, perché gli impianti li rimandano indietro, avendo raggiunto il limite». Procurando ai cittadini, oltre al danno di aver differenziato i rifiuti per poi vederli conferire in discarica, la beffa di un rincaro non indifferente: se nelle discariche, infatti, le tariffe per l’indifferenziato si aggirano tra i 110 e i 130 euro a tonnellata, conferire la stessa quantità di frazione umida in un impianto di compostaggio costa tra gli 80 e i 100 euro.

Ma c’è chi, invece, il risparmio lo trova direttamente in cartella Tari. È così a Marsala, dove «le 1.600 famiglie che si sono dotate di compostiera – racconta il primo cittadino Alberto Di Girolamo – vengono premiate con uno sconto del 30 per cento sulla tassa sui rifiuti». Ma per un esempio virtuoso, restano in tanti, i Comuni in attesa dietro i cancelli chiusi degli impianti di compostaggio ormai a regime. «Le strade da percorrere a mio avviso – conclude Cocina – sono tre: procedere all’aumento di capacità degli impianti esistenti e al ripristino di quelli pubblici fermi, sbloccare le autorizzazioni giacenti e accertare perché gli impianti autorizzati non sono ancora stati costruiti dai privati. Altrimenti di qua a fine anno sarà emergenza».

Miriam Di Peri

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