Il Commissario dello Stato, Prefetto Carmelo Aronica, per la Regione siciliana ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale quattro degli otto disegni di legge approvati dall’Assemblea regionale siciliana lo scorso 30 luglio.
Della legge che modifica la gestione dei rifiuti -leggiamo in una nota dell’Ansa – è stato impugnato il comma 6 lett. b dell’art. 1, i punti 2 e 3, lett. d e lett. e, e agli articoli 3 e 4. Della legge sul quoziente familiare è stato impugnato l’art. 2, comma 4. Il testo di legge sulla promozione della ricerca sanitaria è stato impugnato integralmente (della serie, s’affumaru i cazzilli). Mentre della legge che istituisce la Commissione regionale per le pari opportunità è stato impugnato all’art. 3, comma 5.
Le parti della legge sulla ‘presunta’ riforma nella gestione dei rifiuti (in realtà, l’Ars ha provato a peggiorare la situazione) sono state impugnate “in quanto introducono discipline tra loro incompatibili” e violano pertanto gli articoli 3 e 97 della Costituzione. Il commissario ha rilevato che una norma prevede che gli attuali consorzi e società d’ambito (gli Ato) continuino ad esercitare il servizio fino al momento della trasmissione del piano d’ambito dalle istituende società consortili all’assessorato regionale all’Energia e comunque fino al 31 dicembre 2012, data in cui si estinguono. Un’altra norma invece dispone che, una volta costituite le società consortili e fino a quando non verrà aggiudicato il servizio al gestore unico ai sensi della legge regionale 9/2010, gli stessi consorzi e società d’ambito, in qualità di “soggetti già deputati, a qualunque titolo, alla gestione integrata del ciclo dei rifiuti o comunque nella stessa coinvolti, debbano continuare ad assicurare alle medesime condizioni l’integrale e regolare prosecuzione delle attività'”.
Bisognerà capire, adesso, se la Regione si difenderà davanti la Corte Costituzionale o se – come è spesso avvenuto negli ultimi anni (per esempio, con la recente mega-impugnativa sulla finanziaria) accetterà il ‘verdetto’ del commissario dello Stato. E bisognerà capire che affetti sortirà l’impugnativa su questa strana riforma che, ricordiamolo, ha scaricato sui Comuni – e quindi sui cittadini siciliani – i debiti (oltre1,3 miliardi di euro) accumulati dagli Ato rifiuti.
La legge sul quoziente familiare – leggiamo in una nota dell’Agi – è stata impugnata nella parte in cui demanda l’emanazione del regolamento di attuazione all’assessore regionale alle Autonomie locali, violando così lo Statuto, che attribuisce invece espressamente tale competenza al Governo regionale nel suo complesso e quale organo collegiale. Insomma, l’Ars che viola lo Statuto è una ‘notizia’…
Il commissario dello Stato ha ‘sgamato’ di brutto una clientela dell’assessorato regionale alla Salute che il nostro giornale si era permesso in tempi non sospetti di denunciare. Le censura a questa legge sulla ricerca sanitari riguarda la copertura finanziaria. Questo perché il testo, “anzicché procedere al reperimento delle risorse necessarie al finanziamento dei nuovi oneri, si limita piuttosto ad inserire una nuova finalità per l’utilizzo delle risorse esistenti”.
Nel dettaglio, la legge autorizza l’assessore regionale alla Salute a utilizzare per le spese necessarie una quota a valere sull’1% del Fondo sanitario regionale, ma il commissario eccepisce che una precedente legge regionale del 1993 riserva quella stessa quota dell’1% alle “attività a destinazione vincolata, individuate nel piano sanitario regionale ed al finanziamento dei progetti elaborati dai dipartimenti dell’assessorato finalizzati al monitoraggio della spesa sanitaria e alla verifica delle iniziative e delle misure di razionalizzazione dei servizi aziendali e delle misure di contenimento della spesa”.
Insomma, il Governo (e l’Ars che gli ha tenuto bordone) ci ha provato. E’ andata male. E siccome il Governo può contare su valenti giuristi, siamo sicuri che il ‘caso’ finirà sui tavoli della Corte Costituzionale. O no?
La legge che istituisce la Commissione regionale – leggiamo in una nota Agi – per la promozione di condizione di pari opportunità, infine, è stata impugnata perché le modalità di composizione dell’organismo sono state ritenute incostituzionali. Il testo prevede infatti che le componenti della Commissione restano in carica fino alla scadenza della legislatura in cui sono state nominate, ma che “esse continuano, tuttavia, a svolgere le loro funzioni fino al rinnovo della Commissione”.
In tal modo, però, eccepisce il prefetto Aronica, potrebbero restare in carica “sine die” non essendo neppure previsto un termine entro il quale si debba procedere alle nuove designazioni. Inoltre, secondo il commissario dello Stato, “rimettere sostanzialmente alla volontà del Presidente della Regione preposto alla nomina della Commissione pari opportunità, la durata della permanenza in carica della precedente Commissione viola il principio della riserva di legge in materia di organizzazione amministrativa nonché quello di imparzialità e del buon andamento”.
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