La data dell’attesa rivoluzione nel settore dei rifiuti in Sicilia sta per arrivare. L’1 ottobre gli Ato, ambiti territoriali ottimali, cesseranno di esistere. Calerà il sipario su un’esperienza fallimentare dal punto di vista economico e gestionale, che ha prodotto debiti milionari – secondo un calcolo della Cisl, nella sola provincia di Catania i cinque Ato a maggio erano debitori di 134 milioni di euro nei confronti delle ditte esecutrici della raccolta – , e l’aumento vertiginoso delle imposte. Ma non ha garantito legalità e trasparenza in un settore fortemente infiltrato dalla criminalità organizzata, come testimoniano le recenti inchieste giudiziarie Nuova Ionia e Bad Boys nel Calatino. Si passerà alle Srr, Società per la regolamentazione del servizio dei rifiuti. Con compiti di regolamentazione e programmazione, e non di gestione come avvenuto fino ad ora per gli Ato. Un avvicendamento rischioso. «I rifiuti non resteranno in strada, la Regione interverrà direttamente dove è necessario», ha spiegato oggi l’assessore all’Energia Nicolò Marino, in una conferenza stampa convocata per fare il punto sullo stato della riforma.
Le Srr sono state volute dal precedente governo regionale di Raffaele Lombardo e confermate dalla giunta Crocetta, seppur con alcune modifiche rispetto al disegno iniziale. Sarebbero dovute entrare in vigore già nel 2010, ma numerose proroghe hanno fino ad oggi coperto ritardi e inefficienze. «Adesso basta procrastinare questa agonia. Qualche amministratore pensava che ci sarebbe stato un altro rinvio, ma è arrivato il momento di mettere un punto fermo», ha ribadito Marino.
Il cambiamento va avanti nell’Isola a macchia di leopardo. Ad oggi, i Comuni avrebbero dovuto già costituire le Srr. Non tutti lo hanno fatto: mancano otto società all’appello, concentrate nelle province di Palermo, Messina ed Agrigento. Nel Catanese le tre Srr previste – al posto dei cinque Ato (Joniambiente, Aciambiente, Simeto Ambiente, Catania Ambiente e Kalat Ambiente) – sono state formate. Una, la Kalat Ambiente, è andata anche oltre, eseguendo altri due degli step previsti per raggiungere la piena operatività: la presentazione di un piano d’ambito e la definizione della pianta organica. A tal proposito la legge stabilisce che transiteranno nelle nuove società i dipendenti in servizio negli Ato al 31 dicembre del 2009.
«Prendere esempio dalla Kalat». E’ questo il messaggio lanciato dall’assessore all’Energia Marino nell’incontro di stamattina, a cui ha partecipato anche il presidente della nuova Srr del Calatino, Francesco Zappalà, sindaco di Ramacca. «Sono stati i primi a presentare il piano d’ambito e hanno un attivo di cinque milioni», ha ricordato Marino. Kalat Ambiente, tuttavia, è oggetto di un’inchiesta giudiziaria da parte della Procura di Catania che ha scoperto un sistema per falsificare le percentuali di raccolta differenziata. Nel maggio scorso sono finiti agli arresti domiciliari alcuni amministratori e tecnici dell’Ato, con l’accusa di traffico e smaltimento illecito, truffa e frode in pubbliche forniture. «I reati contestati riguardano il 2009 – sottolinea Marino – da quando mi sono insediato, i risultati sono stati eccellenti: oltre ad aver seguito la procedura per creare la Srr, hanno previsto un’impiantistica alternativa alla discarica ed un numero di personale adeguato a quello che la legge prevede per la gestione del servizio. Rispetto il lavoro della magistratura, ma un’amministrazione deve avere il coraggio di non aspettare gli esiti di un’inchiesta, ma di fare le proprie valutazioni».
Kalat resta l’unica Srr del Catanese pronta a sostituire l’Ato. Ma quali saranno i compiti della società e quali quelli dei Comuni? «Diamo la possibilità agli amministratori locali di metterci la faccia, ma non si torna al passato», ha affermato l’assessore della giunta Crocetta. E’ quello che prevede la legge sulla gestione dei rifiuti, la numero 9 del 2010, nel primo articolo. «Riconoscere il ruolo dei comuni quali responsabili del servizio erogato ai propri cittadini, anche attraverso soggetti diversi». Torna il principio – drammaticamente saltato nell’esperienza degli Ato – della responsabilità diretta degli enti locali con le ditte esecutrici. Saranno i singoli Comuni a stipulare i contratti d’appalto con le imprese. Quest’ultime però verranno individuate, tramite procedure di evidenza pubblica, dalle Srr «per nome e per conto dei comuni consorziati». Le Srr, quindi, stipuleranno con le ditte contratti di tipo normativo, che disciplineranno «le modalità di affidamento, di sospensione e di risoluzione ad opera dei singoli Comuni della parte di servizio relativa al territorio dei comuni stessi». Tuttavia, ed è la novità introdotta dal governo Crocetta, i Comuni, singoli o associati, potranno decidere di affidare il servizio anche con appalto esterno, dopo aver redatto un piano d’intervento e ottenuta l’approvazione della Regione.
Uno degli obiettivi del nuovo sistema, con le nuove gare d’appalto, è potenziare la raccolta differenziata, che per legge entro il 2015 dovrebbe arrivare al 65 per cento. «Molti contratti sono vecchi, senza nuove procedure di evidenza pubblica non si potranno centrare i risultati fissati», spiega Marco Lupo, dirigente del dipartimento Acque e rifiuti e braccio destro di Marino nell’attuazione della riforma. Ne sa qualcosa la città di Catania, dove le percentuali di differenziata non superano il 12 per cento, e il contratto con la Ipi-Oikos scadrà solo tra due anni. «Fino a quel momento siamo vincolati – spiega l’assessore all’Ecosistema urbano, Saro D’agata – per noi dal 1 ottobre non cambierà nulla». Ai piedi dell’Etna la rivoluzione dei rifiuti può attendere.
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