Rifiuti, cosa c’è dietro l’ultimo sequestro ai Leonardi Costi gonfiati per creare fondi neri per le mazzette

Le pale meccaniche servivano tanto ad abbancare i rifiuti, in barba alle norme di settore, quanto a creare fondi neri per pagare le mazzette. È questo il convincimento della procura di Catania che, approfondendo l’indagine Mazzetta Sicula che a giugno aveva portato all’arresto dei fratelli Leonardi, ha ottenuto dal tribunale il sequestro delle società Leonhouse Immobiliare ed Eta Service. Il provvedimento è stato eseguito dagli uomini del Gico della guardia di finanza, che hanno indagato su ciò che accadeva all’interno della mega-discarica di Lentini gestita dalla Sicula Trasporti

Leonhouse Immobiliare ed Eta Service non sarebbero state altro che uno strumento in mano ai Leonardi per gestire l’enorme flusso di rifiuti che ogni giorno arrivava in discarica. La prima, costituita nel 2006, ha sede allo stesso indirizzo della Sicula Trasporti e il capitale sociale è totalmente in mano ad Antonello e Salvatore Leonardi. Ad avere un terzo delle quote della seconda, invece, è la sorella Agata Leonardi (non indagata). Entrambe le imprese avrebbero operato quasi esclusivamente all’interno degli impianti di Sicula, mettendo a disposizione i mezzi meccanici per spostare i rifiuti e abbancarli: manovre illecite, nel momento in cui, come verificato dalla guardia di finanza e ammesso in sede di interrogatorio dallo stesso direttore tecnico Marco Morabito (indagato), non venivano rispettati i tempi di stabilizzazione della spazzatura.

Le pale meccaniche, però, avrebbero avuto anche un’altra funzione. La Leonhouse, per esempio, è risultata fatturare i servizi forniti alla Sicula Trasporti con prezzi gonfiati di almeno il 30 per cento. Il motivo, per gli inquirenti, è uno solo: «In questo modo, la Sicula Trasporti ha potuto creare disponibilità occulte di denaro». Le somme, infatti, che stando alla documentazione fiscale prodotta venivano versate alla Leonhouse comparivano nei bilanci della Sicula come costo da sfruttare al momento di presentarsi davanti all’erario. Anche sull’uso di questa disponibilità di denaro i magistrati di piazza Verga non hanno dubbi: «Le provviste di denaro nero servivano agli indagati anche per il pagamento delle tangenti», si legge nel decreto firmato dal giudice Stefano Montoneri. D’altra parte già nel primo troncone dell’indagine è emerso che i fratelli Leonardi pagavano mazzette in cambio della disponibilità dei funzionari pubblici a chiudere un occhio al momento dei controlli in discarica. Questo è stato il caso del 57enne dipendente di Arpa Vincenzo Liuzzo e del 63enne funzionario dell’ex Provincia di Siracusa Salvatore Pecora

Ad avanzare sospetti sui rapporti di fornitura di Leonhouse sono stati anche gli amministratori giudiziari insediatisi dopo il sequestro di Sicula Trasporti. Sospetti che hanno portato alla nomina di un consulente che ha confermato il sovrapprezzo dei servizi resi, ma anche l’esistenza di contratti di noleggio per mezzi non più operativi nella discarica. Proprio la notizia dell’arresto dei Leonardi e il subentro ai vertici della Sicula degli amministratori giudiziari ha creato dei problemi nella gestione delle due società oggi sequestrate: a giugno, infatti, la Sicula Trasporti ha ritardato il pagamento delle spettanze verso la Leonhouse che, per questo motivo, si è trovata in difficoltà nel pagamento degli stipendi. Al punto che i dipendenti hanno minacciato di scioperare

«I ragazzi, gli autisti, si stanno lamentando, non vogliono lavorare. Dobbiamo trovare una soluzione, perché altri cinque-sei giorni non ce la fanno a temporeggiare», è il messaggio che il 18 giugno arriva, via telefono, a Marco Morabito, l’ex dipendente del Comune di Catania da anni passato a lavorare per i fratelli Leonardi. Una settimana dopo lo stesso Morabito ammetteva che se i problemi con la gestione del personale di Leonhouse non si fossero risolti l’attività della discarica sarebbe stata compromessa: «Se si fermano, noi ci fermiamo. Non ti dico che ci fermiamo al cento per cento, ma al cinquanta sì».

Simone Olivelli

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