Rifiuti a Mascalucia, ombre su Mosema e assunzioni L’intercettazione: «I nomi li dobbiamo decidere noi»

Da Mosema a Coger passando per la Tech. L’appalto dei rifiuti a Mascalucia continua a essere una storia ricca di colpi di scena. Tra dinamiche difficile da decifrare, anche per gli addetti ai lavori, e aneddoti finiti nelle carte giudiziarie. Due inchieste, Malupassu e Overtrade, ormai da mesi hanno acceso i riflettori sul Comune, per via di documenti urbanistici che sarebbero finiti nelle mani dei boss, grazie a dipendenti comunali infedeli, e la gestione delle assunzioni in Mosema, società ora liquidata che fino a pochi mesi fa si occupava della raccolta della spazzatura in città.

Come nella vicenda riguardante il documento urbanistico – svelata in esclusiva da MeridioNews-, anche nel caso del business dei rifiuti il clan locale, collegato alla famiglia di Cosa nostra Santapaola-Ercolano, avrebbe cercato sponde istituzionali. Stavolta, addirittura, in chi all’epoca dei fatti sedeva sullo scranno di presidente del Consiglio comunale. Si tratta di Alfio D’Urso (non indagato, ndr), attuale consigliere comunale della maggioranza del sindaco Vincenzo Magra ed espressione di Mascalucia 2.0, lista di riferimento del deputato regionale di Italia Viva Luca Sammartino. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, lo zio Alfio – così si riferivano i boss locali all’allora presidente del consiglio comunale – finisce al centro di un dialogo tra il presunto capoclan Salvatore Puglisi, il cugino Nunzio Scilio (già impiegato nella ditta dei rifiuti proprio grazie – scrive il gip – all’intercessione di Puglisi) e un uomo non identificato.

Tutto avviene a febbraio 2018, ultimi mesi di amministrazione del sindaco Giovanni Leonardi. La questione da risolvere è la continuità nelle assunzioni alla Mosema. Puglisi e Scilio si accordano per capire come, dopo la trasformazione in house della ditta dei rifiuti, garantire il posto di lavoro a chi risultava già impiegato. Trasformazione il cui iter di approvazione è stato avviato con la giunta Leonardi «per – scrive l’ex sindaco alla nostra testata – ottenere un risparmio di costi che scaturivano dalle analisi a supporto», e che ha comportato il totale trasferimento delle quote societarie al Comune di Mascalucia. E con esse, a seguito del passaggio da società mista (pubblica-privata) a interamente pubblica, anche la possibilità di procedere alle assunzioni tramite bando pubblico. Un lecito escamotage per selezionare personale qualificato in possesso di determinati requisiti. O, nel caso specifico, per procedere alla selezione di lavoratori già in organico della ditta dei rifiuti.

Ma anche un’opportunità che il clan non poteva farsi sfuggire. Proprio sui requisiti, infatti, i boss avrebbero puntato le antenne, e per la loro definizione D’Urso avrebbe dovuto giocare un ruolo fondamentale. «Lo diciamo allo zio Alfio – si legge nelle intercettazioni dell’inchiesta Malupassu -. Lui lo sa cosa deve fare, che è la prima volta?», commentava Salvatore Puglisi con Nunzio Scilio. «I nomi li dobbiamo decidere noi», intimava ancora Puglisi. «No – ribatte l’operatore – lui (riferendosi a un ingegnere di Mosema) mette i requisiti, devono essere assunti quelli che hanno lavorato precedentemente». Cosa già accaduta in passato, scrive la procura.

«Si rivolgevano a me in qualità di presidente del consiglio – replica D’Urso contattato da MeridioNews -, per una questione di contenziosi». L’attuale consigliere si riferisce alla questione dei mancati pagamenti da parte della Mosema alle agenzie interinali Temporary Spa e Alma Spa che poi avrebbero dovuto pagare gli stipendi ai lavoratori. «Venivano al Comune, nella mia stanza, per informarsi – prosegue D’Urso – e io dicevo che ci saremmo interessati perché comunque è gente che vuole lavorare». Sull’interessamento di Scilio al bando pubblico, D’Urso risponde che «non ho ricevuto richieste, diciamo che i lavoratori giustamente dopo tante scadenze e proroghe chiedevano garanzie». Ma lei era consapevole della caratura criminale dei richiedenti? «No, dei soggetti non mi sono mai interessato, per me erano solo persone che avevano bisogno di lavorare». Ma per chi, come Scilio, complici gli aiuti di alcuni ingegneri di Mosema, pare curasse gli interessi del clan all’interno della ditta, solo alcuni lavoratori meritavano questo privilegio. «Ma i nostri – si legge nelle intercettazioni -, degli altri, di chi ci ha voltato le spalle, non mi interessa». Secondo gli inquirenti, Scilio si sarebbe «arrogato il ruolo di sindacalista dei lavoratori interinali». 

Il suo nome balzerà agli onori delle cronache a giugno 2019 quando circa trenta precari – dopo la protesta durata due settimane davanti alle porte del palazzo comunale – ottengono l’inserimento nel bando del requisito relativo a un periodo di esperienza lavorativa di almeno sei mesi all’interno della ditta. Sempre Scilio è protagonista, in occasione del passaggio delle consegne sui rifiuti ad altra azienda, la Tech Servizi srl che ha assorbito nella sua struttura almeno 50 dipendenti ex Mosema. L’appalto, affidato pro tempore dal capo area tecnica Alfio Gibilisco previa autorizzazione della Soprintendenza, è stato revocato l’1 agosto a seguito dell’interdittiva antimafia che ha colpito la Tech Servizi. Adesso a raccogliere i rifiuti è la Coger

Gabriele Patti

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