Non è stato sufficiente defenestrarlo dalla Giunta regionale per metterlo a tacere. Il Pm, Nicolò Marino, non le mandava a dire quando era assessore regionale all’Energia e ai rifiuti, e non le manda a dire ora che è tornato a fare il magistrato.
A caratterizzare il suo operato da esponente del Governo Crocetta, come ricorderete, lo scontro a muso duro con Confindustria Sicilia. In particolare, con Giuseppe Catanzaro, proprietario, insieme con il fratello Lorenzo, della discarica di Siculiana, nell’agrigentino. Settore, quello dei rifiuti e delle discariche, che Marino voleva ‘ripulire’ un po’.
Ma lo scontro con il numero due dell’associazione degli industriali gli è costato il posto in Giunta, come avevano capito in molti e come lui stesso ha fatto intendere chiaramente.
Oggi l’ex assessore è tornato sul tema. In una intervista rilasciata a La Sicilia non ha usato perifrasi e ha sparato a zero sui rapporti che legano il presidente della Regione e l’associazione degli industriali. «Crocetta – si legge nell’intervista – è condizionato dall’ingerenza di esponenti di Confindustria che continuano a garantirsi delle situazioni di vantaggio con il mero biglietto da visita dell’antimafia, privo di sostanza, e con il placet di parti della maggioranza e del Pd».
«Il sistema dei rifiuti in Sicilia – ha detto Marino – è sempre in mano alle stesse persone»
E ancora:
«Il problema è che Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima, e si era inserito nella gestione della discarica di Siculiana approfittando di quell’emergenza rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato».
Quindi l’ex assessore ha raccontato un episodio di pressioni subite da parte del presidente di Confindustria regionale Antonello Montante, avvenuto alla presenza di Ivan Lo Bello e del senatore Beppe Lumia, in difesa di Catanzaro.
L’intervista di Marino ha suscitato l’ira degli industriali e sia Ivanhoe Lo Bello che Antonello Montante hanno dato mandato ai loro legali di denunciarlo, ritenendo l’intervista «gravemente diffamatoria e minacciosa, oltre che – fanno sapere da Confindustria – con riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e completamente destituite di ogni fondamento».
La sensazione è che il vaso di Pandora è stato aperto. E non basterà una querela (o anche più di una) per richiuderlo.
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