È rientrato in Italia nella serata di ieri Ignazio Scaravilli, il medico di origini catanesi scomparso in Libia lo scorso mese di gennaio e rilasciato la scorsa settimana. L’ortopedico – condotto a Roma grazie a un volo speciale – si trovava nell’ospedale di Dar Al Wafa, nella zona di Suq Talat, quando i colleghi ne hanno segnalato la sparizione. Fin dall’inizio l’ipotesi più accreditata è stata quella del sequestro da parte di un gruppo vicino ad Ansar-al-Sharia, formazione jihadista vicina all’Isis. Ma la mancanza di informazioni rilasciate dalla Farnesina in questi sei mesi e il ritardo nella partenza dopo la liberazione hanno sollevato dei sospetti.
A gettare ulteriori ombre è l’autoproclamato governo di Tripoli, attraverso le dichiarazioni del portavoce Jamal Zubia all’Ansa. «Ansar al Sharia e Isis non c’entrano», il medico catanese «era sotto indagine e ora che l’indagine è chiusa hanno chiesto al ministero degli Esteri di chiamare gli italiani per consegnarglielo». Sul genere di inchiesta condotta su Scaravilli, non sono state fornite precisazioni né conferme. «Alcuni credono che abbia qualche connessione o contatto con la mafia e con trafficanti di armi», ha dichiarato il portavoce all’agenzia giornalistica. Ma non ci sono «solidi indizi».
La Farnesina, dal canto suo, imputa il ritardo nel rientro di Ignazio Scaravilli a semplici problemi burocratici. «Il periodo di tempo passato dopo la sua liberazione è stato dovuto all’indagine in corso lì e ai tempi necessari per i procedimenti amministrativi», ha dichiarato il capo dell’Unità di crisi Claudio Tafuri. L’ortopedico catanese si trova in buone condizioni di salute. «Durante la prigionia, non ha subito particolari violenze». Adesso le indagini passano agli inquirenti romani che già sei mesi fa hanno aperto un fascicolo, contro ignoti, per sequestro di persona con finalità di terrorismo.
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