Ricomporre le linee spezzate

L’Istruttoria non è solo uno studio teatrale, tra l’altro ben scritto. Non è solo la celebrazione di un processo, di quel processo per omicidio che ha mandato in carcere i responsabili della morte di Giuseppe Fava. L’Istruttoria è soprattutto un pezzo di memoria che stenta a diventare collettiva.

Sotto personaggi senza nome, ma solo con l’identità generica di “l’uomo”, “la donna”, “l’editore”, “l’inviato”, si celano in realtà uomini e donne esistenti: tra di loro, Tony Zermo e Mario Ciancio, rispettivamente giornalista e padrone del quotidiano La Sicilia; Maurizio Avola, esecutore materiale dell’omicidio Fava; Riccardo Orioles, tra i fondatori de I Siciliani. Di volta in volta, ognuno testimonia il proprio amore, il proprio rispetto, vero o di facciata, verso Giuseppe Fava. O nasconde il proprio odio o la propria indifferenza dietro un sorriso ipocrita.

Nel testo si mescolano elementi diversi, frammenti di una storia ricostruita parzialmente dai singoli individui. La morte di Fava è al tempo stesso cronaca, dolore privato, simbolo di due città, che convivono nella stessa Catania: una che nega, che vuole dimenticare, che arraffa e si limita ad osservare i cambiamenti, al limite per contrastarli; e l’altra, quella che ama, che ancora nel cambiamento ci spera, che i propri ricordi se li trascina dappertutto per non farseli rubare. “Questo non è solo un testo di teatro civile – afferma Ninni Bruschetta, regista dello spettacolo – L’istruttoria viene messo in scena come una tragedia di Shakespeare. Il punto d’arrivo e di partenza è un dubbio amletico: affrontare questo eterno funerale o no? […] Questo spettacolo è la celebrazione di un processo nel quale la società si mostra in tutte le sue sfaccettature: alcuni portano l’amore, altri spaziano nel grottesco.” Come l’Assessore che agevola i suoi “amici” solo per una questione d’affetto, o l’Inviato che afferma che “[…] a Catania, mafia mafia…Cosa Nostra “doc”…non ce n’è”. Anche perché gliel’hanno confermato proprio tre mafiosi.

Lo spettacolo verrà rappresentato anche in altre città come Torino, Siracusa, Pavia. A Catania, la scelta del teatro non è casuale: proprio al Teatro Stabile venne rappresentata la prima opera di Giuseppe Fava, che collaborò con l’istituzione nella sua attività di scrittore. “C’è un coinvolgimento personale, oltre che istituzionale. – dice Orazio Torrisi, direttore dello Stabile – Inoltre, è giusto dare spazio ad opere come questa: nonostante i tagli alla cultura, siamo tra i pochi a puntare sull’innovazione mettendo in scena opere di nuovi autori. Purtroppo la rassegna Nuovoteatro sembra essere più apprezzata fuori dalla Sicilia, vista l’affluenza di pubblico.”

Il testo de L’istruttoria, pubblicato dalla Fondazione Fava, si colloca accanto a Un anno, raccolta degli scritti del giornalista su I Siciliani, e fa parte di un tentativo di dare ai ricordi il loro giusto posto nel presente. “Abbiamo cercato di costruire un contesto – spiega Claudio Fava – di ricomporre linee spezzate. I segni che qualcosa sta cambiando ci sono. La presenza di Rita Borsellino [all’incontro al centro Zo, il 5 gennaio N.d.R.] rappresenta un riscatto concreto, la realizzazione di quella che prima era solo una speranza.” La fondazione, che non si occupa solo dell’attività editoriale, finora ha visitato circa 60 scuole in Sicilia e 4 in Calabria; collabora con alcune Università italiane: tra queste, non figura nessuna di quelle siciliane. L’obbiettivo delle attività del 5 gennaio è promuovere un dibattito sui diritti negati, oltre che sulla situazione anomala della stampa in Sicilia.

Ripensando a Giuseppe Fava, ci si può chiedere cosa c’entri un giornalista ucciso dalla mafia ventidue anni fa con la vita quotidiana di ognuno di noi. Senza capire la differenza tra lui e qualsiasi altro, tra sperare che le cose cambino e farle cambiare, la data del 5 gennaio diventa solo un eterno necrologio o, peggio, folklore. Come dice uno dei personaggi de L’istruttoria, scrivere, come pure vivere, in questa città “[…] è una maniera di stare al mondo. Puoi starci con la schiena dritta; oppure puoi odorare l’aria, vedere che tempo fa. E se tira vento, tu […] puoi aspettare che passi la mala giornata. Giuseppe Fava fu uno che le male giornate non se  le andava a cercare. Ma quando arrivavano, il vento se lo prendeva in faccia.” Ecco qual è la differenza.

Sara Frisina

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