Prosegue senza sosta la protesta dei ricercatori del Coordinamento Unico dell’Università di Catania che, oltre ad essersi dichiarati in massa indisponibili ad assumere gli insegnamenti per l’anno accademico 2010-2011, propongono adesso una mobilitazione su due fronti: una petizione per richiedere al Ministro Gelmini il ritiro del Ddl 3687 e una ricognizione, facoltà per facoltà, sui corsi di laurea e il rispettivo numero di cfu scoperti, per calcolare il costo degli eventuali bandi di insegnamento. Lo scopo dell’iniziativa, come ci spiega il prof. Attilio Scuderi, docente di Letteratura italiana alla facoltà di Lingue, dopo la riunione del Coordinamento svoltasi lunedì scorso, è “di fare emergere come la didattica in questi anni sia stata tenuta da chi lo faceva a titolo volontario e facoltativo, i ricercatori, e questo non è più possibile”.
Dopo il posticipo di un mese dell’inizio delle lezioni, l’anno accademico ha preso il via senza moltissimi insegnamenti, causando non pochi disagi agli studenti. “Le indisponibilità erano note all’Ateneo già dalla scorsa primavera. Gli organi hanno espresso preoccupazione ma non hanno fatto nulla, spiega Scuderi. Gli studenti hanno il diritto di studiare ed è bene che si sappia che si pagano le tasse per un servizio che l’Università non è attrezzata ad erogare”. Le facoltà hanno tamponato spostando i corsi lasciati scoperti dai ricercatori indisponibili al secondo semestre e, in alcuni casi, come ad Agraria e a Scienze biologiche, sono stati indetti dei bandi retribuiti di supplenza annuale, per i quali “l’Ateneo ha lasciato libera scelta alle facoltà: quelle più ricche hanno trovato i soldi, mentre quelle più povere sono rimaste a bocca asciutta”. Secondo il Coordinamento si tratta di interventi che indeboliscono la protesta perché non risolvono il problema, ma che anzi causano l’invisibilità e l’inefficacia del blocco della didattica, perché “l’anno accademico parte e non si percepisce il problema, quando invece bisogna sollecitare su di esso la massima attenzione” sottolinea Scuderi.
“Per noi è importante che si colga il senso dell’iniziativa, dice Scuderi. Vogliamo invitare gli studenti a riflettere sul fatto che con questo livello di disinteresse della politica verso l’università domani non ci sarà l’università. Nei prossimi anni aumenteranno vertiginosamente le tasse, i corsi di laurea saranno tagliati, e gli altri che sopravviveranno saranno tutti e ovunque a numero chiuso e i servizi si ridurranno. Questa situazione cambierà la natura dello studio universitario che non sarà più un diritto di tutte le famiglie”. Per questa ragione, l’attività del Coordinamento si sta concentrando sull’informazione e sulla diffusione dei dati reali. I ricercatori si stanno attrezzando per incontrare gli studenti, “perché – dice Scuderi – dobbiamo provare ad avere un’alleanza con gli studenti, diffondendo documenti e mozioni dalle facoltà, intervenendo durante le lezioni e soprattutto incontrando i rappresentanti agli organi d’Ateneo. Bisogna parlare con loro per sconfiggere l’invisibilità e far sì che le informazioni si diffondano tra loro il più possibile”.
A questo proposito, da alcune facoltà, come Lingue e Letterature Straniere e Scienze Politiche, due tra le più colpite dalla protesta dei ricercatori per l’altissimo numero di insegnamenti affidati a questa categoria, sono stati diffusi dei documenti, ma l’idea è di “coinvolgere tutte le facoltà per redigere un documento unico da presentare alla stampa e agli studenti”.
Tra le altre iniziative del Coordinamento unico d’Ateneo è prevista una settimana di “forte azione simbolica” in occasione della discussione in Parlamento del Ddl Gelmini, e di intentare un’azione legale per contestare l’incostituzionalità dei blocchi stipendiali: “Ci è stato bloccato lo stipendio per tre anni e questo significa perdere per tre anni lo scatto stipendiale nell’avanzamento di carriera, nella pensione e nel tfr”, spiega il prof. Scuderi. Inoltre, sempre in ambito della mobilitazione, i ricercatori convocheranno a breve una conferenza stampa in cui presenteranno i dati raccolto nelle singole facoltà, sarà fatta una ricognizione sull’impatto della protesta. Forniranno anche informazioni sui bandi e sulla qualità della didattica, oltre a ragguagliare sull’avanzamento della petizione indirizzata al Ministro Gelmini, i cui dati verranno presto messi on line sul sito del Coordinamento, e a cui è importante “dare la massima diffusione possibile, perché l’effetto domino e il contagio sono strumenti importanti su cui contare per salvare l’Università”.
Chi volesse firmare la petizione può invaire email a:
alessandro.pluchino@infn.ct.it
giannipiazza@tiscali.it
gforte@unict.it
atscu@tin.it
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