La musica, la passione e la disponibilità dei ricercatori, insieme alla curiosità, alla voglia di capire e imparare qualcosa di nuovo, sono stati gli ingredienti della “Notte dei ricercatori”. L’evento, voluto dalla Commissione europea, patrocinato dal Ministero per gli Affari Esteri, e organizzato per la prima volta dall’Università di Catania in collaborazione con Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), l’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e il Consorzio Cometa, ma giunto in realtà alla sua terza edizione, è stato un momento per cercare di avvicinare la gente comune alla ricerca, un mondo che spesso è considerato molto lontano dalla vita di tutti i giorni e che invece ne costituisce la base.
Tante (ma forse potevano essere di più) e di tutte le età, comprese intere famiglie, le persone che hanno visitato i vari stand dei ricercatori alla cittadella universitaria: sei strutture hanno ospitato le oltre settanta attività proposte ai visitatori, tutte divise in quattro percorsi. Oltre alla ricerca c’è stato spazio anche per la musica: dalle 9.30 in poi si sono alternati sul palco vari gruppi emergenti.
Una famiglia ci ha raccontato di essere felice di essere lì, i figli Emanuele e Maria Giovanna, in particolare, erano entusiasti: “É bellissimo! Ho costruito una cupola con quel materiale bianco (il polistirolo) e poi ho guardato dentro il microscopio e poi …” non smette di dire la piccola Maria Giovanna. “É un bel modo per avvicinarli allo studio di mondi che spesso ancora non conoscono” dice mamma Rosalba.
Ma le vere star della serata non sono stati i visitatori, che pure hanno partecipato attivamente alla serata all’insegna della conoscenza, diversa dal solito pub o dalla solita pizza, e neanche quelli che si sono adoperati per la realizzazione di quest’evento, anche se hanno lavorato tanto. Quelli che hanno brillato più di tutti e hanno fatto brillare i loro studi sono stati i ricercatori, perché è grazie a loro che oggi possiamo dire di aver imparato qualcosa in più che prima non sapevamo. Abbiamo parlato con qualcuno di loro e tutti ci hanno detto la stessa cosa: ricerca vuol dire sacrificio. E anche per questo evento, nato con l’obiettivo di rendere più vicina la scienza alle persone, loro hanno fatto dei sacrifici. Sono stati a disposizione di quanti chiedessero delucidazioni con tranquillità, simpatia, disponibilità. Senza prendere un soldo, anzi, hanno dovuto stanziare dei contributi perché quelli arrivati dall’Europa non erano sufficienti a coprire l’intero importo della spesa.
“Siamo qui perché amiamo quello che facciamo e ci fa piacere condividerlo con gli altri” e “La ricerca non paga mai in modo diretto, tutti noi lo facciamo perché abbiamo tanta passione. Non ha prezzo promuovere la conoscenza”, hanno detto rispettivamente Marina Scillato, ricercatrice, e Stefania Stefani, professoressa ordinaria di microbiologia.
Precisi nelle loro spiegazioni, sembrava che ognuno di loro tenesse una lezione privata a ogni gruppetto che si avvicinava incuriosito. Pasquale Caponnetto per esempio, psicologo e terapeuta al centro di prevenzione e cura del tabagismo dell’azienda ospedaliera Vittorio Emanuele, ci ha spiegato che la dipendenza da tabacco è una malattia che può essere curata sia farmacologicamente che psicologicamente, sia individualmente che attraverso delle sedute di gruppo. E Giovanni Muscato, del dipartimento Elettrico Elettronico e Sistemico dell’Università di Catania, ci ha affascinato mostrandoci il robot che sull’Etna analizza gas e altri materiali. La sua funzione? Avvertirci del pericolo: il gas, infatti, è il primo elemento che cambia nel caso stia avvenendo qualcosa di anomalo all’interno del vulcano… E poi dicono che la ricerca non serve a nulla!
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