Ricercatore etneo a lavoro per telescopio sottomarino «Senza un sistema industriale, i talenti andranno fuori»

All’estremo sud della Sicilia, a cento chilometri a largo di Capo Passero e tremilacinquecento metri di profondità, un gruppo di ricercatori lavora per costruire un telescopio sottomarino. Lo strumento, che avrà una vita di venti anni, consentirà di leggere le informazioni scritte nei neutrini astrofisici di altissima energia, «particelle neutre che molto raramente interagiscono con la materia», spiega a MeridioNews Giorgio Riccobene, ricercatore catanese coinvolto nel progetto Kilometre Cube Neutrino Telescope (KM3NeT).

La sfida, che coinvolge circa trecento ricercatori europei, è quella di costruire un apparato formato da migliaia di occhi elettronici, per identificare i fotoni prodotti in mare dal passaggio di particelle cosmiche e riconoscere la debole scia di luce blu che solca il mar Ionio, impossibile da vedere a occhio nudo. A lavoro con loro c’è anche Riccobene, ricercatore quarantenne dei Laboratori nazionali del sud dell’Infn (Istituto nazionale di fisica nucleare), che descrive l’istituto come un «centro di riferimento internazionale per la ricerca». La costruzione del rilevatore è già iniziata e si concluderà nel 2017, grazie a un finanziamento del Programma operativo nazionale e al contributo di circa dieci Paesi europei, con Italia, Olanda e Francia in testa.

Più attenzione su investimenti e ricerca negli altri Paesi europei

Gli scienziati vogliono osservare delle particelle che hanno una massa da centomila a un milione di volte più piccola di quella di un elettrone e possono attraversare enormi spessori, per l’eternità, senza essere bloccati da nulla. Gli esperimenti vengono tipicamente effettuati al di sotto di una montagna, nelle profondità delle miniere o in lunghi tunnel circondati dalle rocce, proprio perché la materia sovrastante fa da schermo a tutte le particelle, eccetto i neutrini. Questi giungono indisturbati fino al rilevatore, per poi essere catturati e analizzati e così avvicinarsi a uno dei misteri più affascinanti della fisica nucleare: scoprire quale energia conservano, da quale direzione e da quali sorgenti astrofisiche provengono.

Per l’esperimento è stata scelta l’area marina al largo di Portopalo di Capo Passero proprio per le sue caratteristiche. «In quest’area la trasparenza delle acque è ottimale per l’identificazione e la ricostruzione delle tracce luminose e l’attività biologica è molto inferiore rispetto a una zona costiera – svela Riccobene -. Si riduce così la presenza di organismi bioluminescenti che potrebbero, con le loro emissioni, mascherare gli eventi che cerchiamo».

Il fisico siciliano, membro del Comitato tecnico del KM3NeT e incaricato dei test e calibrazione dell’apparato, ha studiato a Catania e racconta, «come accade nella carriera di ogni ricercatore ho avuto diverse esperienze di confronto e collaborazione con altri studiosi in Europa e Stati Uniti, per poi tornare sempre sull’Isola per le mie attività di ricerca». L’Infn resta un istituto leader nella fisica nucleare secondo Riccobene, ma «sicuramente ho riscontrato grosse differenze tra l’Italia e gli altri Paesi europei in cui c’è molta attenzione per i giovani in termini di investimenti nella ricerca, di stipendio per gli studiosi e di possibilità di crescere e raggiungere posizioni apicali», racconta. 

In Italia, secondo il ricercatore etneo, il problema sarebbe di sistema. «Tanti talenti vanno fuori. Restiamo indietro perché nel nostro Paese c’è anche un sistema industriale carente e i finanziamenti e le opportunità di lavoro offerte dai privati in innovazione sono scarsissimi – spiega -, ma i progetti di ricerca e la valorizzazione delle professionalità non possono gravare esclusivamente sui bilanci dello Stato, occorre un maggiore coinvolgimento delle imprese».

Flavia Musumeci

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