Rete sanitaria, come cambiano gli ospedali siciliani Tre tipi di strutture, i servizi che dovrebbero avere

Una rete sanitaria attesa da anni, che consentirà di sbloccare i concorsi e disegnerà il nuovo volto dell’offerta sanitaria in Sicilia, al momento segnata da prestazioni dignitose e realtà invece al di sotto della soglia di essenzialità. La rimodulazione dei posti letto in Sicilia – presentata due giorni fa dall’assessore regionale alla Salute, Baldo Gucciardi, alle sigle sindacali di categoria – è un «libro dei buoni propositi per l’anno nuovo», come sibilano in molti, ma rigorosamente a microfoni spenti, che adesso dovrà ricevere l’ok dal ministero guidato da Beatrice Lorenzin.

Eppure, tra i tanti termini tecnici messi nero su bianco nella bozza di piano, regna ancora la confusione dei pazienti, oggi in fila nelle corsie siciliane in attesa di una visita medica, esattamente come ieri. Insomma, tra Dea, Hub, Spoke, presidi ospedalieri di base e ospedali in zone disagiate, gli utenti siciliani non hanno ancora ben chiaro cosa cambierà nelle loro strutture di riferimento.

Cos’è il DM70?
È un decreto ministeriale, noto anche come decreto Balduzzi, che detta le linee guida in materia di standard sanitari. Si tratta, cioè, di un regolamento che definisce «gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera». L’obiettivo è quello di colmare il gap tra Nord e Sud e assicurare ai cittadini un servizio sanitario che in tutto il territorio nazionale garantisca il diritto alla salute degli utenti.

Cosa sono i Dea?
Letteralmente, si tratta di strutture ospedaliere in cui hanno sede i «dipartimenti d’emergenza e accettazione». Possono essere di primo o secondo livello, in base al bacino d’utenza e ai servizi offerti.

Quali sono i Dea di Primo livello?
Gli ospedali di I livello (o Spoke) si rivolgono a un bacino di utenza compreso tra 150mila e 300mila abitanti e garantiscono la medicina interna, la chirurgia generale, l’anestesia e la rianimazione, l’ortopedia e la traumatologia, l’ostetricia e la ginecologia (se prevista per numero di parti l’anno), la pediatria, la cardiologia con unità di terapia intensiva cardiologica (U.T.I.C.), neurologia, psichiatria, oncologia, oculistica, otorinolaringoiatria, urologia, con servizio medico di guardia attiva e/o di reperibilità oppure in rete per le patologie che la prevedono. Questi presidi ospedalieri, inoltre, hanno l’obbligo, secondo il DM70, di garantire h24 i servizi di radiologia almeno con Tac (tomografia assiale computerizzata) ed ecografia, laboratorio, servizio immunotrasfusionale. Ai pazienti saranno inoltre garantiti in queste strutture i letti di «osservazione breve intensiva» e di terapia subintensiva. 

In Sicilia sono previste 18 strutture che dovrebbero rispondere a questi standard: nel Palermitano il San Raffaele Giglio, il Buccheri La Ferla e gli ospedali riuniti Ingrassia-Villa delle Ginestre; nel Trapanese gli ospedali riuniti di Trapani e Salemi e il San Biagio di Marsala; nel comprensorio tra Agrigento-Caltanissetta ed Enna saranno il San Giovanni Di Dio del capoluogo agrigentino, gli ospedali riuniti di Sciacca e Ribera, il Vittorio Emanuele di Gela e l’Umberto I di Enna; nel bacino tra Catania, Ragusa e Siracusa saranno gli ospedali riuniti di Acireale e Giarre, il Gravina di Caltagirone, il Civile di Ragusa e gli ospedali riuniti di Vittoria e Comiso, l’Umberto I di Siracusa e i riuniti di Avola e Noto. Nel Messinese gli stessi standard saranno garantiti dal Papardo, dal San Vincenzo di Taormina e dagli ospedali riuniti di Barcellona e Milazzo.

Cosa sono i Dea di Secondo livello?
Gli ospedali di II livello (o Hub) si rivolgono a un bacino di utenza compreso tra 600mila e un milione e 200mila abitanti, solitamente si tratta di Aziende ospedaliere, Policlinici, Irccs (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico). In questi presidi sono garantiti tutti i servizi offerti negli ospedali di Primo livello, più la cardiologia con emodinamica interventistica h24, la neurochirurgia, la cardiochirurgia e la rianimazione cardiochirurgica, la chirurgia vascolare, la chirurgia toracica, la chirurgia maxillo-facciale e la chirurgia plastica, l’endoscopia digestiva a elevata complessità, la broncoscopia interventistica, la radiologia interventistica, la rianimazione pediatrica e neonatale, la medicina nucleare e altre eventuali discipline di alta specialità. Naturalmente anche in questo caso vengono garantiti h24 i servizi di radiologia con almeno T.A.C. ed ecografia (con presenza medica), il laboratorio, il servizio immunotrasfusionale. In Sicilia le strutture di Secondo Livello diventano otto: i Policlinici di Palermo, Catania e Messina, il Civico di Palermo e gli ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello, il Cannizzaro e il Garibaldi di Catania e il Sant’Elia di Caltanissetta.

Cosa offrono gli ospedali di base?
I presidi ospedalieri di base si rivolgono a un bacino che varia tra gli 80mila e 150mila abitanti, sono dotati di pronto soccorso e garantiscono la medicina interna, la chirurgia generale, l’ortopedia, l’anestesia e i servizi di supporto in rete di guardia attiva o di reperibilità h24 di radiologia, laboratorio, emoteca. Sono anche strutturati per offrire i posti di «osservazione breve intensiva». In Sicilia saranno in tutto 16 ospedali: Partinico, Termini Imerese, Alcamo, Castelvetrano, Mazara del Vallo, Biancavilla, Paternò, Modica-Scicli, Lentini, Canicattì, Licata, Piazza Armerina, Nicosia, Patti, Sant’Agata di Militello e i riuniti Bonino Pulejo-Piemonte.

Cosa succederà ai presidi delle aree disagiate?
Il decreto Balduzzi prevede la possibilità di mantenere i presidi ospedalieri in zone montane o nelle isole minori, anche con un bacino inferiore agli 80mila abitanti. In questo caso le strutture garantiscono l’attività di pronto soccorso e i necessari servizi di supporto, dalla medicina interna alla chirurgia generale ridotta. In queste strutture sarà possibile eseguire indagini radiologiche per le quali è prevista la trasmissione delle immagini al centro Hub o Spoke più vicino. In Sicilia saranno Corleone, Petralia, Pantelleria, Lipari, Mistretta, Mussomeli, Mazzarino, Leonforte, Bronte, Militello. L’assessorato regionale ha inoltre previsto di salvare due strutture che si trovano in «zone ad alto rischio ambientale»: si tratta dei presidi ospedalieri di Niscemi e Augusta. Una definizione che è una novità assoluta nel dibattito sulla rete sanitaria.

Resta ancora da capire come verranno suddivisi i reparti nelle varie strutture ospedaliere, quadro indispensabile che sarà chiaro dopo il via libera del ministero.

Miriam Di Peri

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