Resta in carcere uomo accusato di avere ucciso compagna Tracce di sangue ovunque in casa e «ingiustificata pulizia»

È stato convalidato il fermo del 40enne Leonardo Fresta accusato di avere ucciso nella loro casa di Macchia di Giarre la sua compagna convivente 31enne Catena Pagano, da tutti conosciuta come Deborah. Gli inquirenti hanno rilevato una serie di anomalie nel comportamento dell’uomo. Era stato lui dopo un giorno e mezzo dopo la morte della vittima a chiamare il 118. Lui stesso ha ammesso di essersi reso conto immediatamente del decesso. Agli operatori sanitari e ai poliziotti avrebbe fornito versioni contraddittorie di quanto accaduto anche rispetto a quanto poi dichiarato durante l’interrogatorio. Sul corpo della donna, il medico legale ha rilevato numerose ecchimosi in varie parti del corpo e la frattura dello sterno e di una costola. Elementi che hanno fatto escludere una morte per cause naturali. Durante le indagini, con l’utilizzo del luminol sono state trovate «diffuse tracce ematiche» all’interno dell’abitazione anche in ambienti diversi dal bagno, la stanza in cui è stato trovato il corpo senza vita della 31enne. Inoltre, dalla procura annotano «una generalizzata, e ingiustificata per le circostanze, opera di pulizia dei luoghi».

Intanto, gli acquirenti hanno proceduto all’acquisizione delle immagini dei sistemi di videosorveglianza della zona e delle dichiarazioni di conoscenti e parenti della famiglia della vittima. Ieri è stata effettuata l’autopsia del cadavere di Pagano e si è svolta anche l’udienza di convalida, dopo la quale il giudice per le indagini preliminari Simona Ragazzi ha convalidato il fermo emettendo ordinanza di custodia in carcere per Fresta che si trovava già recluso nel casa circondariale di piazza Lanza a Catania. «È rimasto due giorni sotto choc senza riuscire a capire cosa fosse successo», aveva sostenuto l’avvocato Salvatore La Rosa che lo assiste provando a motivare i due giorni di ritardo con cui l’uomo ha dato l’allarme agli operatori sanitari. Durante l’interrogatorio, l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere e il suo legale ha riferito che «continua a dire “non sono stato io, non ho ucciso mia moglie, non l’ho colpita io, non l’ho mai picchiata». Oltre a precedenti per reati contro il patrimonio, Fresta è indagato per associazione mafiosa nel processo scaturito dall’operazione Kallipolis contro esponenti del clan di mafia Brunetto, il gruppo della zona ionica legato alla cosca affiliata alla famiglia Santapaola-Ercolano.

«Non avevano problemi né contrasti – ha affermato l’avvocato La Rosa – I due coniugi vivevano una relazione tranquilla». L’ultima foto pubblicata sul profilo Facebook di coppia il 16 giugno – il giorno del 40esimo compleanno di Fresta – ritrae i due sorridenti e abbracciati davanti a una torta con la stampa della foto de Il Padrino. Con loro c’è anche la loro figlia di sette anni che, nei giorni in cui il corpo senza vita della madre è rimasto in casa, era per il fine settimana a casa dei nonni materni a Letojanni, il paese in provincia di Messina di cui la vittima era originaria.

Marta Silvestre

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