Nel 1978 George A. Romero aveva trovato la potente immagine degli zombi accalcati alle porte di un centro commerciale per simboleggiare la reificazione dell’uomo-consumatore e la massificazione della società. Come spesso accade, vedendo queste immagini ci si rende conto di come la realtà superi le fantasie più visionarie:
E mi torna in mente una mia poesia dedicata al primo centro commerciale catanese, Vulcania.
V
V
Vi
Visitors
Vegas
Vulcano
Vulcania
Il primo centro commerciale a Catania
Il centro commerciale anni ’80
Per grandi e piccini
Il primo
Il precursore
Un grosso meteorite di cemento
In pieno centro città
Un quartiere moderno con grandi vie
Palazzi e rampe e garage dappertutto
E lui al centro
Con tutti quei balconi tinteggiati di arancione come lava
Vulcania
Ho ricordi vaghi di com’era all’interno
Ci andavo tutto eccitato come fossi drogato
Avevo circa dodici anni
Ci comprai una cassetta di Tracy Chapman una volta
Guardavo i vestiti dei paninari
E ascoltavo musica diggeiara tipo Jovanotti
Che usciva dai negozi di musica nuovi fluorescenti
Al primo piano c’era un grande bar
Ci andavano i fighi degli anni 80 con le loro moto fiche
Il bar era immenso con un grande banco, una fila di sedili
Le scale mobili si partivano da dentro al bar
E arrivavano dentro le viscere
Di Vulcania
Vulcania
Il bar c’è ancora
Ogni tanto io e Bishop ci andiamo
A prendere una birra
Fanno un’ottima cipollina
La consiglio
Ci sediamo dentro uno dei tanti sedili vuoti
E ci mettiamo a parlare
Sopra, sotto, attorno a noi Vulcania.
Vuoto.
Quando ha cominciato a fallire
Dissero cose del genere “questo tipo di negozi non attecchirà mai da noi”
A sentirla adesso che siamo nell’era dei centri commerciali
Questa cosa fa persino ridere
Centri commerciali ovunque, come funghi
Vulcania è stato il primo
E’ arrivato solo 15 anni in anticipo
Forse troppi
Adesso è là
Che siede come un fungo
In mezzo alla città
Mentre tutto attorno in periferia i centri commerciali operativi vendono,
vengono, spendono, spandono
Ci macdonaldizziamo? Ci spizzichiamo? Ci multisalizziamo? Allegramente
Forse Vulcania è un avamposto alieno
L’hanno costruito loro, di nascosto
E hanno scelto la Catania degli anni ’80 per mettercelo
Invece della solita Mahnattan
Probabilmente un giorno da alpha centauri digiteranno quattro comandi
E Vulcania diventerà un radiofaro per le navicelle extraterrestri
Oppure un grande disco volante, chessò.
Si librerà in volo.
Con i graffiti di 61 sui fianchi.
Scenderà l’ambasciatore degli alieni
In quel quartiere deserto
Guarderà me e Bishop mentre ci beviamo una birra
Lo guarderemo di rimando indecisi sul da farsi
E a questo punto io mi farò avanti e dirò
All’ambasciatore galattico
“Le posso consigliare un’ottima cipollina?”
*Davide Pappalardo è un giovane sceneggiatore catanese. Il suo ultimo script è quello de Le cose in te nascoste.
Ha affidato a un’edizione autoprodotta il volume Versi Diversi, scene oscene.
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