Un mese e ventisei giorni di un residuo pena da scontare. Così Mario Strano è tornato agli arresti domiciliari nella sua abitazione nel quartiere Picanello. A deciderlo sono stati i giudici del tribunale di sorveglianza di Catanzaro, con un dispositivo arrivato a margine della camera di consiglio dello scorso 16 maggio. Per Strano la detenzione domiciliare «è sufficiente a evitare il pericolo della recidiva» si legge nel provvedimento. All’uomo è stato imposto anche il divieto di «detenere armi o sostanze stupefacenti» e quello di «frequentare altri pregiudicati».
Nel passato criminale di Strano c’è un lungo elenco di precedenti penali. Da un porto abusivo di armi, risalente al 1985, fino alle rapine in trasferta – che gli sono valse l’appellativo di Mario acchiana e scinni – e all’associazione mafiosa. L’ultima volta è finito in carcere nel 2017, quando si era recato ad Altavilla Milicia, piccolo Comune a 20 chilometri da Palermo, per trascorrere uno spensierato Ferragosto insieme alla famiglia. Incurante però del suo status di sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno che gli impediva l’allontanamento da Catania. Qualche mese dopo era arrivato anche un provvedimento di sequestro di beni per un patrimonio totale del valore di un milione e mezzo di euro. Oltre ad alcuni appartamenti nel mirino era finita la ditta di autotrasporti Catasped srl e il suo parco mezzi.
Quello di Strano è uno dei cognomi più noti nel panorama mafioso etneo. Anche grazie alla militanza criminale dei suoi due fratelli: Claudio, Marco e Alessandro. Dopo gli inizi e la militanza nella famiglia mafiosa Santapaola nel quartiere Monte Po, il passaggio al clan Cappello. Come ha svelato l’inchiesta Revenge del 2011.
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