Millecinquecento chilometri di costa, su cui sono approdate importanti e antiche civiltà, hanno fatto dell’isola un crocevia del Mediterraneo, come dimostrano i numerosi reperti. La Sicilia attrae (anche) grazie a due punti di forza del suo patrimonio. «Mare e cultura sono un binomio che rappresenta per noi qualcosa di inscindibile». Parole di Sebastiano Tusa, soprintendente del mare per la regione siciliana, che stamattina ha presentato un nuovo strumento per fruire del patrimonio archeologico siciliano rimasto nei fondali marini.
Tecnicamente si chiama UG3K, ed è un visore che i visitatori con maschera e bombole di sette itinerari culturali subacquei possono portare al braccio durante le loro immersioni. Basterà avvicinarsi alla piccola boa su cui si trova una targa dotata di sensore magnetico posta vicino il reperto che, sullo schermo del lettore, compariranno indicazioni storiche e, persino, foto e video. Sia in italiano che in inglese.
È una nuova esperienza di fruizione del patrimonio archeologico, tecnologica e interattiva; è pensata sulla base di ciò che si è ormai diffuso nei musei, con i piedi ben saldi a terra, dove basta avvicinare un lettore digitale al reperto per ottenere informazioni utili. Lo strumento è stato ufficialmente presentato stamattina a Palermo e sarà disponibile per l’utilizzo sui fondali di Taormina (dove si trova il Relitto delle colonne), Capo Passero (il Relitto dei marmi), Ustica (Punta Falconiera e Punta Spalmatore), Noto (il Relitto delle anfore), Marettimo (il Relitto dei cannoni) e Marzamemi (ancora il Relitto delle colonne). Chi è interessato dovrà rivolgersi alle postazioni della soprintendenza in prossimità dell’inizio degli itinerari.
Secondo il soprintendente, il progetto «accresce in maniera esponenziale il valore dell’offerta culturale che emana dal patrimonio storico-archeologico sottomarino siciliano, con ricadute non indifferenti nell’offerta turistica culturale della Sicilia». L’innovazione introdotta dall’uso del visore, disponibile gratuitamente per l’immersione, è parte del progetto Itinerari culturali subacquei in Sicilia, che ha permesso, negli ultimi dieci anni, di valorizzare sette nuovi percorsi archeologici (rispetto ai dieci precedentemente istituiti), di cui tre in aree marine protette, e ampliare il patrimonio dei reperti scoperti. Il progetto consolida il concetto della «percezione diretta, e non mediata da fonti, dell’evento storico» e che rafforza «la convinzione che la tutela del mare non può prescindere dalla conoscenza e dalla sensibilizzazione», come ha ribadito il soprintendente Tusa.
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