Renzi-Menem e l’uscita dall’Euro

LA NOSTRA IMPRESSIONE E’ CHE IL NOSTRO NUOVO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SOMIGLI ALL’UOMO CHE HA PORTATO NEL BARATRO L’ARGENTINA

di Gabriele Bonafede

Il discorso di Matteo Renzi per raccogliere la fiducia al Senato è stato chiaro solo tra le righe. Spettacolarmente intriso di appelli che ricordano il populismo sudamericano quanto quello di casa nostra, ha sbandierato promesse a destra e a manca che non hanno una copertura finanziaria credibile e nel concreto: miliardi per la scuola, per i disoccupati, e per le imprese anche attraverso il rafforzamento del fondo di garanzia, e chi più ne ha, più ne metta.

Carlo Saul Menem. Foto tratta da www.tudoargentina_net

La chiave per leggerlo sta nell’uomo scelto nella più importante poltrona ministeriale: quel “Cavallo di razza” Pier Carlo Padoan, silurato anche dal FMI, forse per la serie di disastri dei quali è stato protagonista: Argentina, Portogallo, Grecia… E in ultimo, quel posto considerato “di serie B” per il consesso degli economisti internazionali, soprattutto i neo-keynesiani alla Krugman che, giustamente, non credono  nelle ricette dell’austerità a oltranza accoppiata alla flessibilità del lavoro (i licenziamenti) e la riduzione dei salari.

L’FMI dove Padoan era nel gruppo dirigente, lo sappiamo tutti, è stato il principale artefice del colpo finale al disastro argentino. Disastro che esisteva già, ma che fu ulteriormente aggravato dall’intervento del FMI. La bancarotta dell’inizio anni 2000 in Argentina aveva infatti radici profonde, maturate soprattutto nell’era-Menem. E cioè quando lo sciagurato presidente-populista argentino privatizzò tutte le imprese del suo Paese, anche quelle strategiche come l’industria petrolifera, l’acqua, l’elettricità, i trasporti ferroviari e tutto ciò che fosse possibile privatizzare per un piatto di lenticchie, complice un parlamento che votava queste grandi riforme applaudendole insieme ai maggiori giornali come grandi successi…

Un uomo cerca cibo nella spazzatura in Grecia. Foto tratta da www.imolaviaggi.it

In quegli anni ero studente al MIT, dove ha anche insegnato Krugman, e la battuta tipica alle lezioni d’economia internazionale del compianto professor Dornbusch era: “Tra poco in Argentina privatizzeranno anche la magistratura e l’esercito”. Cosa di fatto avvenuta: la magistratura era prona ai potenti privati, e in quanto all’esercito furono concesse amnistie scandalose a colonnelli e generali che avevano governato con una dittatura efferata e sanguinosa fino a pochi anni prima.

L’’FMI plaudiva e incoraggiava queste “grandi riforme”, fornendo prestiti spesi dal governo di Menem per finanziare i sussidi alle grandi masse di disoccupati che quelle privatizzazioni provocavano a ciclo continuo. Il Paese si trovò quindi in bancarotta, e lo stesso FMI ritirò il sostegno, all’epoca di Padoan al FMI, quando fu chiaro che la parità peso-dollaro (analoga alla parità euro  tra Italia e Germania), diventò veramente insostenibile.

L’Argentina “uscì dal dollaro”, non prima d’aver rovinato chi aveva depositi in banca, congelati coercitivamente dallo Stato. Così come una politica del genere finirebbe per far uscire nell’arco di pochi anni, e forse solo d mesi, l’Italia dall’Euro attraverso il peggiore dei modi: quella bancarotta, figlia dell’avventurismo citato da Fabrizio Barca nella nota telefonata-bluff della “Zanzara”.

Per carità, tutti si sbaglia. Innanzitutto spero di sbagliarmi io stesso in questa analisi. E Padoan potrebbe pure essere folgorato sulla via di Damasco, ripensare le proprie teorie, e capire che il nodo per superare la crisi italiana e mediterranea è costruire (anzi, ricostruire) una domanda interna, e quindi sostenere i redditi, soprattutto della classe media e lavoratrice, ma in maniera produttiva e non assistenziale.

Ahimè, dall’ultimo rapporto OCSE firmato poche settimane fa dallo stesso Padoan non sembra che il neo-ministro dell’economia abbia imparato più di tanto dagli errori commessi in passato.

Le “ricette” di Padoan, seppure non parlino chiaramente di ulteriori privatizzazioni,  sono simili a quelle che proponevano i medici nel medioevo: sanguisughe a tutto andare sul malato nella speranza che andrà meglio una volta “depurato” del “sangue malato”. Con risultati che sono purtroppo prevedibili.

L’OCSE, a firma Padoan, consiglia infatti: la liberalizzazione delle professioni, che oltre ad essere marginale nell’eventualità di un beneficio, riduce il potere d’acquisto di larghi strati della classe media e al contempo la qualità dei servizi che i professionisti producono; il sostegno alle imprese con la riduzione del salario minimo, che riduce sensibilmente il potere d’acquisto delle masse lavoratrici; maggiore “flessibilità” del lavoro, ovvero facilità nel licenziare; riduzioni del deficit con la continuazione a oltranza della politica di rigore, crisi o non crisi. E questo per citare i principali “consigli” di Padoan graziosamente forniti all’Italia e i Paesi del Mediterraneo.

Insomma, è quel pacchetto di provvedimenti tipici degli economisti neo-liberisti, e che è andato anche (a torto o a ragione) sotto il nome di “reagaomics”: le teorie economiche autodistruttive dei repubblicani americani anni ’80 e che oggi vanno incredibilmente di moda in Europa, nonostante le evidenti tragedie economiche del passato e del presente (e del futuro).

Mi si chiederà, dov’è che oggi Renzi ha ipotizzato il reperimento dei fondi necessari alle sue promesse attraverso la privatizzazione massiccia di ciò che resta nelle mani dello Stato, incluse le partecipazioni nelle imprese strategiche? In una piccola frase di Renzi c’è la risposta: “Apriamo agli investimenti dei privati”, ancorché, nel discorso di oggi, il riferimento è solo alla cultura. Ma è solo riferito alla cultura? Cos’ha voluto dire il Presidente del consiglio incaricato nel quadro generale che è di una vaghezza evidente?

Spero di sbagliarmi. Ma se è così, se si tratta della manovra sopra descritta, siamo nell’ambito della politica di Menem: quella della bancarotta nel giro di pochi anni o pochi mesi, magari con un breve periodo di finta floridezza economica, che aumenterà ulteriormente il disastro successivo come accaduto in Argentina. E quindi, con l’inevitabile uscita dell’Euro non-consenziente. Ossia, scaraventati dalla finestra con un volo che farà male, molto male. Soprattutto nel Mezzogiorno e in Sicilia.

Gabriele Bonafede

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