Siamo seduti in un bar di Palermo, dalle parti di via Notarbartolo. Paolo Amenta, vice presidente dell’ANCI Sicilia, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, sorseggia un caffè.
Presidente, lo sa che in Commissione Affari istituzionali dell’Ars, la nuova assessora alla Funzione pubblica, Marcella Castronovo – un romana, non si capisce se arrivata in Sicilia grazie all’Udc, o grazie a Matteo Renzi – ha detto che la Regione siciliana non ha più i soldi per pagare i circa 24 mila precari degli enti locali dell’Isola?
«Forse il nuovo assessore o assessora, come la definisce lei, non sa che il Fondo per il precariato è regionale. Magari non l’hanno informata. Non sa che nella Finanziaria 2013 sono state abrogate tutte le leggi che finanziano il precariato. E che il rapporto tra Comuni e Regione è legato all’utilizzo del Fondo per evitare gli squilibri dei bilanci dei Comuni. Lo stanziamento, per questo Fondo, è pari a 270 milioni di euro. Ed è stato inserito nel Bilancio pluriennale della Regione. Il regolamento prevede che i Comuni lo utilizzino solo dopo aver dimostrato lo squilibrio dei propri bilanci. Squilibrio che, per l’appunto, deve essere provocato dal mancato contributo della Regione ai Comuni per il pagamento dei precari».
Insomma, presidente Amenta: c’è la legge regionale, c’è il Fondo e il nuovo assessore non lo sa?
«Ripeto: magari non l’hanno informata. Con la confusione che c’è negli uffici della Regione può capitare».
Magari i dirigenti generali, presi dalla botta di essere tutti illegittimi, parlano meno…
«Questo non lo so. So, però, che a fine anno – siamo a fine novembre, mi pare – su 270 milioni di euro, la Regione ha versato solo 100 milioni di euro. Tant’è vero che quest’anno, in buona parte, i Comuni siciliani hanno pagato i precari con onerose scoperture di tesoreria. Il nuovo assessore dice che la Regione non ha più soldi? Bene. Ognuno si deve assumere le proprie responsabilità. Se dopo venticinque anni per sanare il buco del Bilancio regionale provocato in larga parte dal Governo Renzi dobbiamo mandare a casa oltre 24 mila persone, beh, che abbiano almeno il coraggio di dirlo con chiarezza».
Secondo lei, Matteo Renzi e Rosario Crocetta lo diranno con chiarezza?
«Io, a nome di tutti i Sindaci siciliani, dico che siamo pronti a stabilizzare tutti i precari attraverso un accordo-quadro tra Comuni e Regione. Quindi, se succederà qualcosa a questi oltre 24 mila lavoratori, gli ultimi ad avere responsabilità saranno i Comuni. La responsabilità sarà del Governo nazionale, del Governo regionale e dell’Assemblea regionale siciliana».
L’ANCI Sicilia è molto critica vero il presidente Crocetta versione petroliere.
«Il presidente dimostra, ancora una volta, di non avere una visione della Sicilia del futuro. Del resto, sul Muos di Niscemi ha fatto la stessa cosa. Oggi la Sicilia ha tre opzioni. Può diventare la piattaforma militare degli Usa. Può diventare la piattaforma delle multinazionali del petrolio. Infine, può diventare la piattaforma del benessere e della cultura, che è quello che il mondo ci chiede. Però se il futuro è la qualità della vita le trivelle vanno bloccate. Noi rispettiamo i lavoratori delle raffinerie siciliane, che ormai sono meno di seimila, ma in Sicilia ci sono circa 500 mila giovani senza lavoro e, in generale, il 30 per cento di disoccupazione. E’ a questi che dobbiamo pensare».
Ci dicono che lei conosce molto bene la questione delle royalties.
«Come tanti amministratori pubblici di Siracusa (Amenta è Sindaco di Canicattini Bagni ndr) ci misuriamo ogni giorno con questi problemi. Le royalties che le multinazionali pagano in Italia ammontano a circa 270 milioni di euro. Di questi, 160 milioni di euro vanno alla Basilicata. mentre 55 milioni di euro vengono utilizzati per l’abbattimento del costo dei carburanti, là dove si estrae petrolio (il 49 per cento va sempre alla Basilicata). In Sicilia arrivano 60 milioni. Di questi 40 milioni vanno ai Comuni. Insomma, nel Bilancio della Regione arrivano appena 20 milioni di euro. E per una somma così irrisoria dovremmo lasciare bucare il Canale di Sicilia? Finiamola! I Comuni siciliani sono fermamente contrari. Abbiamo già presentato i ricorsi al Tar Lazio. Non ci fermeremo. Crocetta sappia che, se insisterà, scenderemo in piazza».
Sempre più spesso dall’ANCI Sicilia arrivano proposte politiche che l’Ars non sembra più sapere elaborare.
«Noi facciamo il nostro lavoro. Con la nuova Programmazione comunitaria ci prepariamo a utilizzare i fondi europei 2014-2020. I Comuni siciliani, insieme con i Gal (Gruppi di azione locale), per la prima volta si propongono come partner del Governo regionale per realizzare una nuova idea di sviluppo. Oggi i territori sono maturi per gestire direttamente le risorse messe a disposizione dall’Unione europea. Anche alla luce della lentezza esasperante dell’Amministrazione regionale. Tenendo, conto, tra l’altro, che la già citata Programmazione 2014-2020 è l’ultima spiaggia».
Qual è la vostra idea di sviluppo della Sicilia?
«Non è certo l’idea che è stata seguita fino ad oggi. E’ tempo di dire basta al fallimentare industrialismo a tutti i costi. Proprio in provincia di Siracusa, negli ultimi anni, assistiamo al fallimento dell’industria classica. Penso all’inquinamento prodotto dalla chimica. Penso ai tanti morti, alle malattie. Ai tanti bambini nati deformi. Lo sa che nella mia provincia, pur di non pagare l’Imu, sono stati scoperchiati tantissimi capannoni industriali? Oggi dobbiamo dire basta. Alla Sicilia serve altro. Turismo, cultura e valorizzazione del nostro patrimonio naturalistico. Il capitolo chimica va chiuso».
Lei, nei mesi scorsi, è stato tra i primi a mettere in guardia la politica siciliana sulla questione dei minori non accompagnati. Ci riferiamo, ovviamente, ai minori arrivati in Sicilia con i barconi.
«Ho posto la questione perché all’ANCI abbiamo vissuto la proliferazione incontrollata dei centri di accoglienza per minori extracomunitari. Oggi di questi centri, se ne contano più di 350. Ce ne siamo dovuti occupare perché, in base a una circolare del Ministero degli Interni, a pagare queste rette avrebbero dovuto essere i Comuni siciliani. Un’assurdità, visto che quello dei migranti è un problema internazionale e nazionale».
Com’è finita questa storia?
«Intanto nel 2015 pagherà lo Stato».
E il costo dei ricoveri del 2014?
«Bella domanda. Dopo la bravata del Ministro degli Interni Alfano, che con la circolare già citata avrebbe voluto scaricare il costo di questi centri di accoglienza per minori extracomunitari sui Comuni siciliani, registriamo il deserto».
E l’Unione europea e lo Stato?
«L’Unione europea, su questo tema, è latitante. Ora, non sono stupito che i Popolari europei non si sbraccino per i diritti dei minori extracomunitari. Sono invece stupito, e molto, dall’atteggiamento dei Socialisti europei. Ho ascoltato con interesse le belle parole di Martin Schulz. Ma dobbiamo prendere atto che, su questo tema, l’atteggiamento dei Socialisti europei è molti simile a quello dei Popolari della signora Merkel».
Presidente, a quanto ammonta il costo dei ricoveri dei minori extracomunitari della Sicilia per il 2014?
«A circa 80 milioni di euro».
Alla fine chi dovrà pagare?
«Il mio timore è che Renzi e Alfano vogliano fare pagare questo conto ai siciliani, con un nuovo aumento delle tasse. Mi auguro che l’Assemblea regionale siciliana sappia far valere i diritti della nostra Isola. Solidarietà a chi arriva in Sicilia per ricostruirsi una vita. Ma i siciliani non possono pagare i costi di una questione internazionale e nazionale».
Ma è vero che c’è anche da pagare il conto di questi centri di accoglienza del 2013?
«Purtroppo sì, anche se non ne parla nessuno. A Roma fanno i pesci dentro il barile».
«L’ho detto: il mio timore è che i costi di questi centri di accoglienza, per il 2013 e 2014, li mettano in parte a carico del Bilancio regionale 2014 e, in parte, a carico delle famiglie e delle imprese siciliane con nuove tasse. Mi auguro, lo ribadisco, che il Parlamento siciliano impedisca quest’ennesima ingiustizia».
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