L’idea è quella di riaccendere i fari sul Mezzogiorno, a sentire le intenzioni del premier Matteo Renzi. Per questo è stato scelto il capoluogo etneo per la festa nazionale dell’Unità – conclusasi questa sera alla villa Bellini con l’intervento del segretario del PD – e Taormina per il prossimo G7 del 2017. «Grazie a Catania, città colta, raffinata e appassionata, per l’accoglienza che ci ha riservato e per aver reso possibile questa festa», commenta Renzi dal palco. «Ci sono dei luoghi comuni sulla Sicilia che dobbiamo estirpare – spiega il presidente del Consiglio -. Mi è capitato, durante importanti vertici internazionali, di sentire da personalità autorevoli accostamenti tra la Sicilia e la mafia. Dobbiamo far capire al mondo, con il G7, cos’è la Sicilia».
Sotto la pioggia, sono centinaia le persone arrivate da tutta la regione. Sotto il palco gli applausi dei ragazzi di Classedem (la scuola di formazione del Partito democratico, così numerosa nelle presenze da fugare qualsiasi rischio vuoto tra il pubblico) scandiscono il discorso del segretario. Si tratta del resoconto di cosa è stato fatto nell’ultimo anno, dall’ultima festa nazionale del PD di Milano.
«È l’anno di Expo, della legge sulle unioni civili e sul dopo di noi, dei risultati record sulla lotta all’evasione fiscale, della conclusione dei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria, dell’accordo di Parigi sul clima e della riforma della scuola», annuncia. E su quest’ultima, si accendono focolai di contestazione anche tra la platea, oltre a quelli ben accesi fuori dalla villa. Sono i docenti della Gae (insegnanti inseriti in graduatorie ad esaurimento) a contestare i trasferimenti al nord, a cui fanno eco le proteste sul dramma della disoccupazione giovanile in Sicilia, che secondo i contestatori, avrebbe toccato il picco del sessanta per cento.
Arriva la risposta quasi automatica del premier: «Il bene della scuola non è quello dei professori, ma quello dei ragazzi, diceva don Milani». Ma la citazione non basta e Renzi è costretto ad affrontare il tema più a fondo: «È vero che ci sono molti insegnanti a cui è stato chiesto di trasferirsi al nord. Ma è anche vero che al sud non esiste la scuola a tempo pieno ed è su questo che dobbiamo lavorare. Sugli asili e sulle scuole sempre aperte. Così riporteremo a casa chi se n’è andato». Quindi una timida apertura: «Siamo pronti a fare la nostra parte a apportare delle modifiche alla legge, se necessario».
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