Gli effetti della spending review rischiano di pesare non poco sulle casse della Regione. Il Tribunale di Palermo, infatti, ha condannato la presidenza della Regione e l’assessorato regionale dell’Economia al pagamento in favore della Fingiat spa per un milione di euro a titolo di canoni di affitto non corrisposti per tre immobili che ospitano diversi uffici pubblici in viale Regione Siciliana.
La vicenda risale al maggio del 2013, quando è entrata in vigore la legge regionale numero 9, il cui articolo 27 ha previsto che i canoni di locazione passiva stipulati dalla Regione potevano essere ridotti tenendo conto di parametri legati alle rilevazioni realizzate dall’Omi, l’osservatorio immobiliare dell’Agenzia delle Entrate. Insomma, in base al recepimento della normativa nazionale in materia di spending review, alla Regione veniva concessa la facoltà di ridefinire gli affitti in maniera unilaterale, senza contrattazione con i proprietari degli immobili. Che, naturalmente, non sono rimasti con le mani in mano e si sono rivolti a un tribunale. «A Palermo è così, ma ci sono altre cause simili – ammette Giovanni Bologna, dirigente del dipartimento delle Finanze e del credito -. Alcune le abbiamo vinte, altre no. In questo senso la giurisprudenza è abbastanza ondivaga. Nel caso del contenzioso con Fingiat, non abbiamo ancora letto le motivazioni della sentenza, valuteremo con l’avvocatura di Stato se presentarci in appello o meno».
Intanto, il tribunale ha dato ragione a Fingiat. Secondo i legali della società, Angelo Cuva e Domenico Pitruzzella, «i dati dell’Omi a cui la Regione aveva fatto riferimento erano errati. La Regione aveva determinato i nuovi canoni facendo rientrare gli immobili di proprietà della Fingiat nella tipologia “Uffici“, invece tali immobili sono ascrivibili alla tipologia di “Uffici strutturati” con un valore superiore rispetto a quello preso a parametro di riferimento». Ed ecco il motivo della condanna in primo grado, secondo la quale la Regione dovrà corrispondere circa 290 mila euro l’anno dal 2013 ad oggi. «L’unica via – commenta Bologna – è cercare altri locali che costino meno e alla scadenza dei contratti in essere disdirli. Una volta disdetti i vecchi contratti, possiamo scegliere se cambiare locali o rinegoziare i nuovi affitti coi proprietari».
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