Regione, il buco della sanità e le accise sulle benzine Una controversia che da 2009 ad oggi non trova soluzione

Arrivano pessime notizie per i conti della sanità pubblica siciliana. Dalle varie Aziende sanitarie provinciali (Asp) sparse per il territorio cominciano a giungere le prime ammissioni: per andare avanti, negli ultimi anni, le scoperture con le banche sarebbero state inevitabili. Motivo: la Regione siciliana ha pagato solo una parte delle spettanze alle strutture sanitarie pubbliche.

Un’altra botta alle Asp è arrivata qualche giorno fa dal Tar, il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia. Che, di fatto, ha stabilito che i Laboratori di analisi non dovranno restituire alla Regione circa 150 milioni di euro, almeno fino a quando non ci sarà il pronunciamento definitivo da parte del Cga, il Consiglio di giustizia amministrativo, nella nostra Isola organo di appello del Tar. 

La notizia è che, in questa fase, dovranno essere le Asp a restituire ai Laboratori di analisi i soldi che, fino ad oggi, hanno trattenuto. 

Tornano, come spettri, le previsioni un po’ sinistre dell’ex assessore regionale al Bilancio, Franco Piro, esponente storico della sinistra siciliana, grande conoscitore dei conti regionali. Piro, parlando del sistema sanitario pubblico della Sicilia, ha ipotizzato un buco complessivo di circa 5 miliardi di euro a carico della Regione siciliana

«Non lo dico perché mi invento le cose – ribadisce oggi l’ex assessore -. I conti resi noti dall’attuale Governo regionale raccontano di debiti accumulati dalla Regione verso Asp e Aziende, al 31 dicembre 2011, pari a 2,6 miliardi. Di questi, 600 milioni sono stati ripianati. Restano i 2 miliardi di cui parla il Governo. Ai quali vanno aggiunti i debiti del 2012, del 2013 e di quest’anno. Ricordo che nella relazione della Corte dei Conti a valere sul 2013, i giudici scrivono che, dei 4,2 miliardi di euro, la Regione ha versato solo il 30 per cento».  

Per la cronaca, i 4,2 miliardi di euro sono la quota di spesa annuale a carico della Regione siciliana. La sanità costa alla Sicilia, ogni anno, oltre 8 miliardi di euro. Di questa somma, quasi il 50 per cento è a carico della Regione siciliana, caso unico in Italia. 

In realtà, fino al 2006, la spesa a carico della Regione era pari al 42 virgola qualcosa per cento di oltre 8 miliardi di euro. In quell’anno il Governo nazionale di Romano Prodi, con il voto di Camera e Senato, nella legge Finanziaria 2007 ha stabilito che, in tre anni – cioè dal 2007 al 2009 – la quota di compartecipazione della Regione alle spese della sanità sarebbe passata dal 42 virgola qualcosa per cento a quasi il 50 per cento. Così è stato. Uno scherzetto che, dal 2009 ad oggi, costa alla Regione una spesa aggiuntiva di circa 600 milioni di euro all’anno

Nella Finanziaria nazionale del 2007 c’è scritto anche che la Regione siciliana, per compensare il maggiore esborso, ha diritto a una quota delle accise sui consumi di benzine, previo parere della Conferenza Stato-Regioni. Questo punto è ancora oggi piuttosto controverso. E non è mai stato facile capire se è tale perché è stato scritto in modo poco chiaro, o se a farlo diventare controverso sono le interpretazioni cavillose da parte dello Stato. 

Lo Stato sostiene che la Regione siciliana avrà diritto a una parte delle accise sulle benzine consumate in Sicilia solo dopo che la quota di compartecipazione della stessa Regione alle spese sanitarie supererà, di fatto, il 50 per cento. La tesi è strana, perché dà per scontato che la Regione siciliana debba pagare, per le spese sanitarie, molto di più di quanto pagano Regioni più ricche del nostro Paese. La Regione sostiene – e forse non ha torto – che gli accordi iniziali erano altri: e cioè che l’ente avrebbe avuto diritto a una quota delle accise dal 2009 in poi, quando la quota di compartecipazione della Sicilia alle spese sanitarie avrebbe raggiunto la quota attuale, ovvero quasi il 50 per cento. 

Questa controversia, secondo molti osservatori, sembra inventata a tavolino da Roma per penalizzare la Regione. E infatti dal 2009 la Conferenza Stato-Regioni tiene nel cassetto questa storia delle accise. Facendo quattro conti – e cioè partendo dal 2009 – se lo Stato riconoscesse alla Regione siciliana una quota delle accise pari ai maggiori esborsi annuali – e cioè 600 milioni di euro all’anno – la Sicilia dovrebbe incassare circa 3 miliardi di euro di soli arretrati (dal 2009 al 2013). Più 600 milioni di euro in più ogni anno. Praticamente si risolverebbero i problemi finanziari. 

Invece lo Stato non solo non ci riconosce le accise previste dalla Finanziaria nazionale del 2007, ma invita la Regione a contrarre un ulteriore mutuo da 2 miliardi di euro. Cifra che indebiterebbe ulteriormente famiglie e imprese siciliane. Indebitamento che non risolverebbe il problema, perché il buco nei conti della sanità pubblica siciliana, come ricorda Piro, mettendo dentro 2012, 2013 e 2014, supererebbe i 5 miliardi di euro. 

    

Giulio Ambrosetti

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