Sei o otto termovalorizzatori e una nuova scadenza: entro tre mesi tutte le discariche siciliane devono inviare il 30 per cento dei rifiuti indifferenziati all’estero. Sono questi i punti da cui riparte la Regione Sicilia per affrontare l’emergenza spazzatura. Sullo sfondo, però, sembra esserci ancora poca chiarezza sui tempi entro i quali verrà presentato il nuovo piano regionale dei rifiuti. «Tra fine ottobre e inizio novembre», ha annunciato ieri l’assessora all’Energia, Vania Contrafatto. «Nei prossimi giorni», precisano dal dipartimento.
È stato lo stesso presidente Rosario Crocetta, dietro il forte pressing del ministero, nell’ultima ordinanza emergenziale dello scorso giugno, a fissare il 31 agosto come data entro la quale si sarebbe dovuto definire il fondamentale documento. Così non è stato. E ieri Contrafatto ha annunciato che serviranno ancora un paio di mesi. Valutazione che ha spiazzato i tecnici del dipartimento a lavoro per la stesura del piano, sì rallentata dalle ferie agostane, dicono, ma non al punto da rinviare la presentazione a novembre. «Nei prossimi giorni dovremmo definire il tutto», conferma il dirigente Maurizio Pirillo.
Il piano regionale non conterrà l’esatto numero di termovalorizzatori da costruire in Sicilia. Scelta voluta da Roma che ha individuato in 700mila tonnellate complessive la quantità di rifiuti da bruciare. Per mesi lo scontro tra ministero e governo regionale è stato sul numero di impianti da costruire. Stando a quanto dichiarato da Contrafatto e confermato dagli uffici, potrebbero essere sei o otto. «Ma questo verrà definito in un secondo momento, d’accordo con gli ambiti di raccolta (le Srr) – precisa Pirillo -. Il piano regionale si limterà a individuare il modello per la tipologia di termovalorizzazione». In base alla tecnologia scelta, cambierà anche la capacità dei singoli impianti.
L’individuazione dei siti dove bruciare i rifiuti verrà fatta all’interno di un elenco che comprende un’ottantina di luoghi: discariche dismesse e attive, e aree industriali. «L’obiettivo è costuire impianti più piccoli, in modo che inquinino meno, e che siano vicino ai Comuni, altrimenti si ripresenterebbe il problema dei viaggi dei rifiuti in giro per la Sicilia, con un incremento dei costi», continua Pirillo. In ogni caso, ogni ambito di raccolta dovrà essere autosufficiente. E i quantitativi di spazzatura da bruciare, per singolo territorio, sono già stati individuati da tempo: 200mila tonnellate a Palermo e Catania, tra 60 e 80mila rispettivamente a Messina, Enna-Caltanissetta, Ragusa-Siracusa e Agrigento-Trapani.
In ogni caso per la costruzione dei termovalorizzatori serviranno ancora molti anni. Nel frattempo i rifiuti continuano ad andare nelle discariche. Ed ecco la novità, che dovrebbe essere ufficializzata a breve: l’obbligo di spedire fuori dalla Sicilia, in Italia o all’estero , il 30 per cento della frazione secca. L’unica ad aver già in parte provveduto, seppure in via sperimentale, è la Sicula Trasporti che gestisce la discarica di Lentini-Grotte San Giorgio. Nelle settimane scorse dal porto di Catania è partita una nave con 15mila tonnellate di spazzatura, direzione Bulgaria. Anche la Trapani Servizi, società pubblica, si era attivata in tal senso, ma la procedura è stata «dichiarata infruttuosa». «L’unica ditta ad avere prodotto istanza di partecipazione (la Servizi ecologici ambientali di Agrigento ndr) – comunica l’impresa – non è stata ammessa alla seconda fase della procedura, in quanto non in possesso dei requisiti minimi di carattere tecnico-organizzativo necessari ai fini della esecuzione del contratto».
«Altri si muovono più velocemente perché privati – spiega il responsabile del procedimento Giuseppe Ullo – noi agiamo solo con procedure di evidenza pubblica. Vincolo della Regione di fare tutto in tre mesi? Possono emanare tutto quello che vogliono, ma noi abbiamo obblighi di legge da rispettare. C’è stata molta confusione in passato da parte della Regione, adesso l’esigenza immediata non può comportare un mancato adempimento delle norme».
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