Regione, diventa un giallo il mutuo da 2 miliardi di euro Tutte le contraddizioni di un castello di bugie che crolla

Con il passare dei giorni la storia del mutuo da due miliardi di euro che il governo di Rosario Crocetta vorrebbe far contrarre alla Regione siciliana si colora di giallo. A destare perplessità sono le spiegazioni che dovrebbero sostenere le ragioni di questo disegno di legge, a tratti fantasiose, a tratti tutto sommato razionali, e soprattutto i documenti ufficiali di qualche anno fa che smentiscono queste stesse spiegazioni. Nell’arco di sette giorni il mutuo è stato presentato prima come il ripianamento dei debiti della Regione verso le Aziende sanitarie provinciali e le Aziende ospedaliere dell’isola; poi come una manovra per dare liquidità (alla Regione? Allo Stato? A entrambi?). Prima il governo regionale ha parlato di problemi finanziari che sarebbero iniziati nel 2001. Due giorni fa ha corretto il tiro, dicendo che i guai sarebbero iniziati con la legge finanziaria nazionale del 2006. Il tutto mentre documenti ufficiali – firmati da dirigenti generali della stessa Regione – smentiscono queste interpretazioni. Il tutto senza carte, ma solo con testimonianze orali. Perché la relazione a questo disegno di legge che il governo ha allegato e consegnato qualche giorno fa alla commissione Bilancio e Finanze e alla commissione Sanità dell’Ars non è tecnica, ma una semplice relazione che di tecnico ha poco.

Circa sette giorni fa il governo ha fatto sapere che, di mezzo, in questa strana storia, ci sarebbero i debiti della Regione verso le Aziende sanitarie e ospedaliere. Fatte 100 le risorse che la Regione, ogni anno, eroga a queste strutture sanitarie pubbliche, l’attuale governo ha detto di avere dato ogni anno, a partire dal 2001, solo 80 o giù di lì. Fatti i dovuti conti – tutti illustrati oralmente, senza relazione tecnica – siamo arrivati al 2014 e scopriamo che la Regione non avrebbe corrisposto alle strutture sanitarie pubbliche della nostra Isola 2,6 miliardi di euro. Una somma enorme. Le Aziende sanitarie e ospedaliere, in tutti questi anni non sarebbero fallite perché avrebbero fatto ricorso a indebitamenti con la banca che gestisce il servizio di tesoreria. Di fatto, supponiamo, pagando interessi, perché a noi non risulta che le banche siano opere pie. Se sono stati pagati interessi si è creato un oggettivo danno erariale del quale qualcuno dovrà rispondere

Questa, grosso modo, la spiegazione che sarebbe emersa in commissione Bilancio e Finanze dell’Ars. Qualche giorno fa, presso la commissione Sanità, sarebbe venuta fuori un’altra spiegazione. I problemi finanziari non sarebbero cominciati nel 2001, ma nel 2006, quando il governo nazionale, allora presieduto da Romano Prodi, stabilisce nella legge finanziaria 2007 che la Regione siciliana, in tre anni, avrebbe dovuto aumentare la propria quota di compartecipazione alle spese sanitarie, portandola dal 42 per cento circa a quasi il 50 per cento. Considerato che la spesa sanitaria, in Sicilia, ammonta a circa otto miliardi di euro all’anno, la Regione, a partire dal 2009, partecipa alle spese sanitarie tirando fuori poco meno di quattro miliardi di euro all’anno. La nuova spiegazione, che sarebbe emersa è che la Regione, a partire dal 2007, non avrebbe corrisposto alle Aziende sanitarie e ospedaliere le somme previste. La somma di questi mancati versamenti, a partire dal 2007, ammonterebbe a 2,6 miliardi di euro. La motivazione circa il comportamento tenuto dalle strutture sanitarie pubbliche è sempre la stessa: non sarebbero fallite perché avrebbero fatto ricorso a scoperture di tesoreria che, per definizione, non sono mai gratuite. Di conseguenza, anche in questa spiegazione si configurerebbe un danno erariale. Questa ipotesi è piuttosto strana: poiché il mancato versamento della Regione ad Asp e Aziende ospedaliere si configura come un fatto strutturale, chi ci assicura che fra cinque o sei anni non si riproponga lo stesso problema? Andremo avanti contraendo mutui da due miliardi di euro ogni cinque-sei anni?

Da notare che questa spiegazione sarebbe stata illustrata lo scorso aprile, anche se per sommi capi, da Salvatore Sammartano, dirigente generale dell’assessorato alla Salute, nel corso di una seduta della commissione Bilancio e Finanze, in occasione dell’esame del disegno di legge – poi approvato dall’Ars – sul mutuo da circa un miliardo di euro che la Regione ha già contratto. In quell’occasione il governo di Rosario Crocetta aveva assicurato che, con questa manovra, si sarebbero pagati tutti i debiti delle Asp e delle Aziende ospedaliere siciliane, debiti che queste strutture sanitarie non avevano pagato proprio perché la Regione non aveva erogato loro tutte le somme. Il mutuo da quasi un miliardo di euro, contratto dalla Regione lo scorso aprile, è stato utilizzato per pagare i debiti di Asp e Aziende ospedaliere (600 e rotti milioni di euro) e per i Comuni (che in realtà non hanno mai visto questi 290 e rotti milioni di euro: altra questione che andrebbe approfondita).  

Nell’arco di sei mesi le spiegazioni del governo regionale cambiano: ad aprile Asp e Aziende ospedaliere avevano subito bisogno di 600 e rotti milioni di euro per pagare le imprese fornitrici e chiudere la partita; adesso lo stesso governo regionale fa sapere che la partita non è chiusa e che bisogna restituire ad Asp e Aziende ospedaliere altri due miliardi di euro di debiti dei quali, però, lo scorso aprile non ha mai parlato. Di più: nella delibera di giunta del 18 novembre si dice che già a febbraio era noto che l’indebitamento della Regione verso le Asp e Aziende ospedaliere dell’Isola era pari a 2,6 miliardi di euro. Perché, allora, lo scorso aprile – cioè due mesi dopo aver appurato che l’indebitamento ammontava a 2,6 miliardi di euro – a sala d’Ercole, il governo ha detto che con 600 e rotti milioni di euro si sarebbero sanati tutti i debiti verso le strutture sanitarie della Sicilia? In tutto questo c’è anche una relazione – che risale al 2012 – nella quale il già citato Sammartano e Lucia Borsellino, allora entrambi dirigenti generali dell’assessorato alla Salute, in un documento ufficiale consegnato al governo regionale e alla Corte dei Conti, dichiaravano che la situazione finanziaria del comparto sanità era a posto

In effetti, nel 2008, qualche mese dopo il suo insediamento, l’assessore regionale alla Salute, Massimo Russo, siglava con Roma un accordo – il Piano di rientro – in base al quale, con l’arrivo di un prestito di 2,6 miliardi dallo Stato, la Regione avrebbe ripianato in tre anni il deficit sanitario, pagando, poi, le rate successive negli anni a venire. Bisogna riconoscere che l’operazione finanziaria fatta dall’ex assessore Russo è riuscita, tant’è vero che, nel 2012, il dottore Sammartano e la dottoressa Borsellino, oggi assessore regionale alla Salute, lo certificavano in un documento ufficiale. Domanda: come mai, due anni dopo, le cose sono cambiate? Per pagare il piano di rientro la Regione portava ai massimi livelli le aliquote Irpef e Irap, togliendo dai bilanci di famiglie e imprese siciliane decine e decine di milioni di euro. Con l’impegno che, chiuso il piano di rientro, le aliquote sarebbero state ridotte. 

Ma né il passato governo di Raffaele Lombardo, né l’attuale governo Crocetta hanno ridotto le aliquote Irpef e Irap. Lo scorso aprile, nel motivare l’accondiscendenza di Forza Italia al mutuo da circa un miliardo di euro, il capogruppo di questo partito all’Ars, Marco Falcone, dava per buona la promessa del governo Crocetta, che si impegnava a ridurre le aliquote il prossimo anno. Dava per buona la promessa di un governo regionale che due mesi prima – a febbraio – sapeva già che, dopo il mutuo da un miliardo di euro, ce ne sarebbe voluto un altro da due miliardi di euro, con buona pace della riduzione delle aliquote Irpef e Irap, che forse verranno pure aumentate. Questa è la politica siciliana, di maggioranza e di opposizione. Mentre quello che vi abbiamo descritto, proprio per le contraddizioni di politici e burocrati, somiglia tanto a un castello di bugie che sta crollando. Ultima notazione per la Corte dei Conti: qualcuno ha avvertito i magistrati contabili, magari dal 2007 ad oggi, di tutti questi particolari?

Giulio Ambrosetti

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