Regionali, manifesti del gruppo dem imbarazzano la base «Sanità migliorata? Difficile dirlo in campagna elettorale»

«Siamo la cinghia di trasmissione tra i vertici del partito e i territori. Per fortuna a Licata questi manifesti non sono ancora arrivati, perché faticheremmo a spiegarli ai cittadini». A parlare è Daniele Camilleri, esponente del Pd di Licata. La campagna di comunicazione promossa dal gruppo parlamentare dem a sala d’Ercole ha creato più di qualche mal di pancia alla base del partito. Complice quella discontinuità dal governo Crocetta tanto auspicata da molti, ma che alla fine non è mai arrivata. «È complicato – ammette Epifanio Bellini, dirigente del Pd di Agrigento – giustificare e sostenere la continuità con un governo che ha pagato anche il prezzo di dover affrontare gli anni peggiori della crisi, mentre il resto del Paese cominciava a risollevarsi. Non metto in dubbio quanto di buono si è fatto a livello centrale, però è chiaro che sul territorio non possiamo dire che vada tutto bene, le criticità della nostra sanità permangono eccome».

«Giusto per fare un esempio – racconta ancora Bellini -, è notizia di qualche giorno fa il disagio causato dal mancato funzionamento del Cup (il centro unico per le prenotazioni) dell’ospedale San Giovanni di Dio. Abbiamo medici straordinari, ma la macchina organizzativa è oggettivamente deficitaria». Insomma, con questi presupposti la campagna elettorale si preannuncia tutta in salita. «È chiaro – riconosce ancora il dirigente del partito nell’Agrigentino – che partiamo con un handicap di notorietà del nostro candidato, ma è altrettanto innegabile che si tratta di un profilo di altissimo livello».

Secondo Antonio Cani, dirigente del Pd di Canicattì e pediatra di base, «la situazione della sanità regionale è oggettivamente migliorata. Ciò non toglie – spiega – che soprattutto i pronto soccorso necessitano di nuove unità per non andare in tilt e che se non si fa partire seriamente la medicina dei territori gli ospedali continueranno a essere ingolfati dai codici bianchi e dalle lungodegenze».

Un malcontento che invece il deputato Tonino Russo ammette di non avere riscontrato personalmente. Certo, però, quella campagna di comunicazione nasce anche dal ritiro della candidatura di Rosario Crocetta, che senza giri di parole aveva più volte ammesso di non essere disposto a fare un passo indietro a meno che il suo partito non gli riconoscesse dignità politica. «Non posso vincere da solo – ha più volte sottolineato -, ma ho abbastanza voti da far perdere loro. Sono stanco di fare il figlio illegittimo».

E in effetti, a dispetto di quanto immaginato nella lunga estate ormai al termine dai vertici del Pd, alla fine in casa dem si è scelto di non imboccare la strada della discontinuità. «Io credo – ammette ancora Russo, che sarà candidato nella lista di Arcipelago Sicilia alle prossime regionali – che Crocetta abbia fatto a sufficienza per compromettere la vittoria di Micari. Spero che si riesca a mettere in atto in questa campagna elettorale quella discontinuità tale da non consegnare la Regione alla destra o ai cinquestelle. Tuttavia – avverte – attribuire il merito di quello che è successo al solo Crocetta sarebbe un errore, non avrebbe avuto questo potere da solo. Questa responsabilità deve essere condivisa».

A cercare di placare gli animi è invece il segretario regionale, Fausto Raciti, secondo cui l’azione del Pd in questi anni sarebbe stata «incisiva su alcuni settori chiave». «È chiaro – riconosce Raciti – che la sanità partiva in forte passivo e mi pare che Pd e governo abbiano fatto delle cose. E a dirlo non sono io, è l’Agenas, la cui classifica vedeva la Sicilia alla penultima posizione e la vede oggi a metà. Abbiamo risolto tutti i problemi? No. Ne abbiamo risolti alcuni? Sì. Il nostro impegno per la Sicilia – conclude – è stato positivo e soprattutto ha coinvolto tutte le anime del Pd». Insomma, nessuno si senta assolto.

Miriam Di Peri

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