Il pasticciaccio della legge elettorale e le parole di Renzi su Angelino Alfano non rendono più semplice il percorso della coalizione di centrosinistra in vista delle Regionali. Ma la sfida è alle porte e, anche se non c’è ancora alcuna ufficialità, il nome del presidente del Senato Pietro Grasso potrebbe mettere d’accordo, di fatto, lo stesso schieramento che alle Amministrative di Palermo è in corsa a sostegno di Leoluca Orlando.
Moderati, centristi, democratici, progressisti, fino alla sinistra. Sulla candidatura di Grasso, naturalmente, ci sono ancora soltanto indiscrezioni e nessuna conferma ufficiale da Roma. Ma il profilo dell’ex procuratore nazionale antimafia convince pressoché tutti, intanto perché si tratterebbe di una figura di garanzia, ma soprattutto per il segno di discontinuità rispetto all’esperienza di governo in atto alla Regione.
Il nome troverebbe la convergenza anche di Sinistra Italiana, anche se il neonato partito di sinistra guarda principalmente al tema della discontinuità rispetto all’esperienza di governo in atto. Insomma, oltre al nome di Grasso (che resta comunque garanzia di una presa di distanza dai protagonisti dell’esecutivo regionale), ci si aspettano anche delle politiche lontane dagli ultimi 5 anni di governo. Anche secondo Mdp (Articolo 1 – Movimento democratici progressisti, nato dalla scissione dei bersaniani) il tema è quello della discontinuità e il nome del presidente del Senato, in questo senso, è un segnale importante.
La candidatura di Grasso permetterebbe anche di superare lo scoglio delle primarie, nonostante Davide Faraone insista sul tema che qualunque candidatura dovrà trovare consenso ai gazebo, che il sottosegretario vorrebbe mettere in piedi il prossimo 9 luglio, contestualmente alle regionarie dei Cinque Stelle. Ma da Mpd su questo fronte frenano: «Sul piano nazionale saremo i primi a volerle, perché le riteniamo un importante strumento di democrazia – ammette Mariella Maggio -, ma purtroppo in Sicilia abbiamo visto un’altra storia. Le primarie non sono state altro che bracci di ferro tra potentati, che hanno svilito l’esercizio democratico all’interno dei gazebo».
Ma il vero nodo da sciogliere restano le frizioni in casa Area Popolare, dopo il divorzio tra Alfano e Renzi. Le frizioni, è chiaro, sono ben più antiche, soprattutto quelle interne. Non è un caso che nonostante gli alfaniani abbiano chiuso la lista coi democratici alle Amministrative nel capoluogo, una fetta del partito, capitanata dall’ex presidente dell’Ars Francesco Cascio, abbia invece scelto di sostenere il candidato di centrodestra, Fabrizio Ferrandelli. «Sicuramente – ammette Cascio – la vicenda nazionale inciderà sulle nostre scelte, ma in questo momento non parliamo di elezioni regionali, siamo concentrati sulle Amministrative. La divergenza sulla legge elettorale non può non comportare una mancata alleanza col Pd, anche perché Alfano ha sempre manifestato la volontà politica di esprimere un nostro candidato».
«Personalmente – ammette ancora l’ex deputato, tornato a esercitare la professione di medico – mi sto guardando attorno, la subalternità del mio partito al Pd non mi è mai andata a genio. In questo senso le amministrative hanno segnato il giro di boa: prima della vicenda giudiziaria che mi ha riguardato avrei dovuto essere il candidato sindaco, speravo che il mio partito trovasse una soluzione alternativa alla mia, ma ci siamo appiattiti dietro al Pd. In politica bisogna almeno tentare di dare le carte ogni tanto. Appiattirsi all’interno di una lista civica camuffata e sostenere un sindaco che hai criticato e che ti ha sbeffeggiato… Un minimo di logica ci deve essere, altrimenti non ci possiamo presentare alla gente, alle parole devono seguire i fatti. Io credo che il nostro futuro non possa essere all’interno del centrosinistra, ma già da un po’ mi guardo intorno, con l’occhio critico dello spettatore più o meno interessato».
Insomma, se la chiusura dell’area Cascio sembra essere definitiva, è meno fatalista Giuseppe Castiglione, che conferma però che «avanzeremo una nostra candidatura, anche perché è una decisione antecedente alle vicende politiche nazionali. In Sicilia abbiamo uomini e risorse che meritano da parte nostra una candidatura. Grasso è certamente persona autorevole, ma non mi risulta che si sia registrata una sua disponibilità, stiamo ragionando su un’ipotesi che in campo non c’è. La nostra proposta è quella di un’area di centro che torna ad aggregarsi insieme ai Centristi per l’Europa, con cui costruiremo la lista insieme. È il Pd che dovrà decidere se seguirci o meno».
Il difficile compito del mediatore spetta, dunque, al segretario regionale dei Centristi, Adrano Frinchi, secondo cui «il presidente del Senato non va tirato per la giacchetta». «È però innegabile – prosegue Frinchi – che si tratta di un profilo troppo autorevole per non procedere con la prudenza del caso. Chiaramente il quadro nazionale influenzerà le regionali, ma è pur vero che col Pd abbiamo avuto un percorso comune. E poi in Sicilia già nel 2012 abbiamo fatto una scelta che non ha rispecchiato quella nazionale, non dimentichiamo che il Pd di Bersani non fece nessuna alleanza, mentre in Sicilia ci siamo presentati agli elettori insieme. Io non mi sento di escludere niente, ma penso che sia importante ripartire dal sistema di alleanze già consolidato. Anche perché fatico a vedere un’alternativa nell’attuale centrodestra».
Anche il segretario dem non chiude l’interlocuzione coi popolari: «Non essendoci una coalizione nazionale – ammette Fausto Raciti -, a prescindere da quando si voti a Roma, il tema su cui ragionare resta quello della coalizione siciliana. È vero che sul nome di Grasso ad oggi non ci sono elementi concreti, ma indipendentemente dal nome, resta invariata la nostra disponibilità a un’apertura coi moderati».
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