Red Bull District Ride…pronti a partire!

Ragazzi da tutto il mondo – Stati Uniti, Germania, Francia, Spagna, Canada, Australia, Norvegia, Repubblica Ceca e Italia – hanno invaso piacevolmente il centro storico di Catania. Un evento insolito per una città come la nostra in cui non si è mai visto un fermento così improvviso per un contest a livello internazionale come questo.

Il 4 e 5 agosto la finale si terrà nella città tedesca di Norimberga in cui arriveranno i dieci migliori di Catania insieme ad altri quindici riders già pre-selezionati, che si contenderanno un montepremi di ben 20.000 euro.

 

Il titolo di città prescelta per questo evento internazionale inizialmente era conteso tra Genova e Catania. Infine è stata scelto il capoluogo siciliano grazie al suo centro storico ricco di strade, piccole e strette, circondate da “palazzi barocchi bellissimi”, come hanno detto in tanti tra partecipanti e organizzatori. Insomma una location ideale in cui poter costruire truck Ford, banks, down hill e wall ride per girare velocemente in bike attraverso salite e discese di legno che collegano Piazza Dante – in cui sarà dato il via – a Piazza Duomo, punto d’arrivo in cui è stato installato anche un megaschermo per permettere agli spettatori di seguire la partenza. Il percorso si svilupperà per via dei Gesuiti, via Crociferi, via Alessi, via La Piana e via Etnea.

 

Le divergenze per il tipo di preparazione dei vari riders all’interno dei vari stati da cui provengono, emergono anche in questo tipo di sport. La street culture è uno stile di vita, ben radicato in alcuni posti, poco avanzato o inesistente in altri. Non può concretamente essere uguale dappertutto. Nata negli Stati Uniti, ha avuto da sempre un grande impatto e riscontro nei giovani americani ed è riuscita a svilupparsi meglio e più velocemente che in Europa, in particolare nelle città tedesche e nelle banlieue francesi. Diversa la situazione in “casa nostra”, dove non mancano i problemi per poter intraprendere uno sport simile e coltivare questa passione.

 

I riders sono tutti giovani, alcuni giovanissimi, di età compresa fra i 17 e i 32 anni. Una passione che nasce quasi per caso tramite conoscenze e amici, girando in bike per i quartieri delle proprie città, privilegiando percorsi improvvisati ed ostacoli come gradini, ringhiere e scale per cominciare – come si dice – a “farsi le ossa” (o anche talvolta per rompersele accidentalmente!). I riders non lo considerano uno sport “estremo”, anzi dicono che sia abbastanza facile, basta solo un po’ di allenamento fatto sempre con costanza e forza di volontà. Le difficoltà per iniziare sono diverse per ciascuno di loro e sono, più che fisiche come si potrebbe pensare, soprattutto economiche. Ciò che li unisce è la voglia di “volare” e di girare il mondo inseguendo questa passione costosa e coraggiosa allo stesso tempo.

 

Prima che lo spettacolo inizi, abbiamo pensato di conoscere meglio qualcuno di loro intervistando gli unici due italiani partecipanti alla gara ed un americano: Alberto Accetulli (21 anni, di Genova) Giacomo Bisi (19 anni, di Torino) ed il californiano Greg Watts (19 anni, Santa Cruz).

 

Da quanto tempo siete rider?

Alberto: Finora ho fatto sette anni di bici e tre anni di salti.

Giacomo: Questa passione per me è iniziata tre anni fa, girando normalmente con i miei amici in bici per fare giri lunghi. Poi pian piano ho visto che loro facevano salti e discese e da allora mi sono orientato più verso questa disciplina.

 

Quali sono state per voi le maggiori difficoltà iniziali?

A: Innanzitutto legarmi a uno sponsor che mi supportasse e mi desse i ganci per partecipare agli eventi, perché da singolo non ti puoi iscrivere, perché senza quello non puoi andare da nessuna parte.

G: All’inizio convincere chi mi stava intorno, quindi principalmente i miei genitori, facendo capire che non è uno sport così devastante o pericoloso in cui muori alla seconda uscita! Invece sono cose fatte in sicurezza, noi sappiamo cosa stiamo facendo. E anche girare e trovare qualche sponsor, perché uno altrimenti non ce la fa economicamente a fare gare, per lo più all’estero.

 

Che emozioni si provano volando in alto per pochi istanti?

A: Non è una cosa da pazzi assolutamente. E’ una cosa abbastanza controllata. Uno parte da un salto di un metro, poi va sempre più su fino a che saltare cinque o sei metri diventa una cosa normale. E poi è divertente, è una bella sensazione.

 

Si impara tutto da autodidatti oppure ci sono dei corsi particolari?

A: No, non c’è niente in generale, né in Italia né all’estero. Prendi e vai in bici!

 

Per te com’è nata questa passione, cosa ti ha spinto ad andare avanti e ad intraprendere questo tipo di sport?

A: Io ho tutta una cultura “street”, i miei amici girano in skate e per me è sempre stato “figo” stare in mezzo alla città, alla gente, alla confusione, ai palazzi. L’opportunità di uscire di casa e poter avere già a disposizione qualcosa per compiere giri con la bicicletta è il massimo.

 

Vi allenate costantemente ogni giorno?

G: Si cerco di allenarmi il più possibile, quindi se ho tempo ogni giorno perché studio anche! Ho appena finito il liceo scientifico e inizierò l’università, ingegneria meccanica.

 

Avete già visionato il percorso qui a Catania?

A: Si, è incredibile. Io di solito giro su strutture naturali o già costruite come gradini, ringhiere. Invece queste sono strutture artificiali costruite appositamente per l’evento, quindi non è proprio il mio territorio, però è una cosa incredibile. Queste impalcature di solito le mettono in montagna nelle stazioni sciistiche d’estate. Vai su con gli impianti e con la seggiovia portandoti la bici e poi scendi giù.

 

Avete mai partecipato a gare internazionali?

G: Io mai.

A: Io qualcuna, ma solo in Europa. Sono andato in America ma solo per girare per i fatti miei.

 

Il rapporto con i vostri colleghi stranieri com’è? Come vedete la loro preparazione?

A: Sicuramente sono più bravi di noi, perché hanno più cultura, più posti dove allenarsi. Noi in Italia siamo soli, abbandonati e senza strutture quindi dobbiamo arrangiarci!

G: Loro vivono andando in bici. Si pagano da vivere in questo modo e per loro è come lavorare: c’è chi fa l’impiegato e c’è chi va in bici. Noi invece dobbiamo studiare, fare l’impiegati o comunque lavorare e poi, quando abbiamo tempo libero, andare in bici. Per loro è un vero e proprio lavoro, mentre per noi uno svago.

 

 

Greg, how long have you been a rider?

For six or seven years about.

 

When and how has your passion for this sport begun?

Properly five years ago. I’ve just started to jump a lot around my neighbourhood.

 

Did you learn all by yourself or…?

Yeah, there is like a group of people I live with, who are pretty good. They usually can teach each other things on what to do and new tricks.

 

How do you feel while flying up with your bike?

I think it’s the best feeling in the world.

 

What are the biggest difficulties for a rider?

Getting like a difficult trick every single time it’s really hard, because you have to practice a lot and sometimes we have to crash. It works like that.

 

Do you break your bones sometimes?!

Yeah! Sometimes…not too often!

 

 

Sito ufficiale:

www.redbulldistrictride.com

Valeria Arlotta

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