«Dopo avere visto il menù la signora mi ha chiesto se per caso la proprietaria del ristorante fosse una signora neg…di colore. E alla mia conferma si è alzata dicendo che non voleva più cenare qui». L’episodio di razzismo si è registrato alcuni giorni fa nel ristorante Ginger-People and Food di Agrigento. Locale gestito dalla cooperativa sociale Al Kharub e da Mareme Cisse, originaria del Senegal, in Italia dal 2004, di professione chef. Protagonista della vicenda sarebbe stata una donna di circa 60 anni che si era recata nell’attività commerciale di via Empedocle insieme al marito. I due clienti, dopo essere stati accolti da un’addetta alla sala, si sono seduti al tavolo assegnato e, pochi minuti dopo, ecco il dubbio sul colore della pelle della chef e la decisione di andare via.
A rendere noto quanto avvenuto, attraverso una lettera-sfogo pubblicata sul proprio profilo Facebook, è stato Carmelo Roccaro, presidente della cooperativa sociale che dal 2014 porta avanti il progetto del ristorante. Realtà pluripremiata a livello internazionale e diventata simbolo di integrazione. Nei mesi scorsi anche il riconoscimento della Chiocciola, ossia il più prestigioso encomio della guida Osterie d’Italia di Slow Food. «Non sapevo se scrivere un post – commenta Roccaro a MeridioNews – Alla fine ho deciso di farlo perché quello denunciato è soltanto l’ultimo e più eclatante dei casi di questa matrice. Ci sono stati altri episodi, magari più velati, che fanno comunque emergere un diffuso atteggiamento di chiusura. Dietro non c’è sempre cattiveria ma anche una sorta di rigidità culturale».
«Il povero nero è bravo e fa bene alla coscienza attraverso le opere di carità inclusive e antirazziste dell’uomo bianco italico fin quando fa il lavapiatti o si occupa delle pulizie, cioè rimane al suo posto e non aspira a migliorare la sua condizione sociale – si legge in un passaggio del post del presidente della cooperativa – Ma se il nero, grazie al genio che la Natura, per fortuna, dispensa a caso e senza distinzione di sesso o di colore della pelle, diventa uno chef, un capo, diventa più bravo di me o di mio figlio, allora questo non va più bene. Diventa, appunto, troppo».
Il cibo d’Africa e di Sicilia è però anche sinonimo di grande successo all’insegna di due culture che si uniscono. «Una parte della città – conclude Roccaro – ci ama e ci supporta nel nostro lavoro e posso dire che è fondamentale per portarlo avanti». Tra i piatti forti della chef Cisse c’è il cous cous. Pietanza che nel 2019 ha portato la cuoca originaria di Dakar sul tetto del mondo nell’ambito di un apposito campionato che si è svolto a San Vito Lo Capo.
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