Razza Krasta, Afterap tra nostalgia e futuro «Amo la Sicilia ma al nord più opportunità»

Daniele Cortese, in arte Razza Krasta, racconta delle sue origini agrigentine e della sua musica. Tra la nostalgia della Sicilia e le opportunità di Milano, dove vive. Il percorso di un musicista innamorato del «vero rap», quello lontano dalle mode, ma con una solida formazione che poggia su anni di studio del pianoforte. Nel novembre dello scorso anno esce il suo ultimo lavoro: l’LP Afterap, per l’etichetta Paige Recordings.

Come nasce il tuo nome d’arte Razza Krasta?
«È frutto della fusione di due nomi: intorno agli anni ’90 la mia crew del tempo, la Cmc (Comunicazione Crasta), si unì con un’altra crew, Razza Sicula, dando vita al nome Razza Krasta Crew. Per molti dei miei colleghi del tempo questa esaltazione per il mondo dell’hip-hop, come molte delle passioni di gioventù, si è affievolita. Io invece ho continuato imperterrito e mi sono conquistato questo nome da solista grazie anche alla rivista AL, che nei demo successivi mi identificò come Razza Krasta appunto. Inoltre è un nome siculo e, in quanto tale, mi ha fatto piacere tenerlo».

A proposito di sicilianità, le tue origini quanto influenzano la tua musica e i tuoi testi?
«Credo che chiunque abbia avuto la fortuna di nascere in Sicilia ne sia profondamente condizionato. Le melodie che compongo sono spesso nostalgiche e penso che derivi, anche a livello inconscio, dal fatto di non essere nella mia terra di origine, dalla mancanza che sento. Per i testi è diverso, quelli provengono da sensazioni, momenti vissuti, libri letti, film o altro ancora».

La Sicilia è una terra spesso snobbata ed etichettata negativamente, nonostante le bellezze ed i talenti che, come te, da qui hanno origine. Tu come la vedi?
«Purtroppo la Sicilia è ricordata in primis per atti che non ci fanno onore: manca il lavoro e la gente studia per poi andare a vivere e lavorare al nord o all’estero. Però direi che un po’ tutto il nostro Paese è messo male e ci sarebbe davvero poco da snobbare. Piuttosto bisognerebbe rimboccarsi le maniche e investire per recuperare le bellezze del territorio e della popolazione e far fruttare come si deve la regione più grande dello stivale. Partendo magari da un bel taglio netto alle istituzioni che fino oggi non hanno fatto altro che affondare sempre di più la regione».

Ormai vivi a Milano da diversi anni, cosa ti manca della tua Agrigento?
«Mi mancano soprattutto gli affetti, gli amici, la famiglia ma anche il clima, il mare e il cibo. Milano è una città meravigliosa dove è possibile avere più opportunità, però casa è casa».

Il tuo non è il solito rap. Come definisci e come nasce il tuo genere musicale?
«Non saprei dare una definizione di genere allo stile che ho scelto, di sicuro è rap o ha origine da lì. È nato dalla voglia di utilizzare quelle che sono le mie conoscenze musicali, ottenute dopo lunghi anni di studio del pianoforte, con le abilità acquisite nello scrivere in rima e nello sfruttare le nuove tecnologie per la produzione delle mie tracce. Un mix di generi uniti dal rap, era questa la mia sfida».

Pochi mesi fa è uscito il tuo LP AfteRap, un progetto impegnativo e ambizioso. Come lo descriveresti?
«Mi è piaciuto molto lavorare a questo disco, ritrovarmi in studio prima a produrre le tracce musicali e poi a scrivere i testi è stato duro, ma davvero stimolante e divertente. Accantonare per una volta i campioni e dare vita a ogni singolo suono è stato fantastico. Si parte sempre da un pianoforte, poi i bassi, gli archi, le batterie, gli effetti… Veder nascere e crescere sotto gli occhi un progetto simile è una bellissima sensazione. È un disco poco adatto ai giovanissimi, che sono abituati ad ascoltare un certo tipo di rap, più auto celebrativo, dove si dice “Io sono forte”, “Tu sei scarso”, o si racconta di quante canne in un giorno si riescono a fumare e stupidaggini di questo genere. AfteRap è un prodotto maturo, che non manca di ironia e irriverenza ma che parla a tutti, ai giovani e agli adulti. Sono convinto che, nell’ascolto del disco, sia la nonna che il nipote trovano la traccia che preferiscono e capiscono».

È nota la tua collaborazione con Paola&Chiara nel brano Divertiamoci: proprio loro di recente hanno criticato lo scenario musicale italiano considerandolo arretrato e limitato rispetto a quello internazionale, tu che ne pensi?
«Non ho una posizione sull’argomento, ma che in Italia ci siano e vadano avanti sempre e solo le solite facce o i soliti nomi è un dato di fatto. Questo vale in tutti i settori e quello dell’industria musicale non fa di certo eccezione».

Che progetti hai per il futuro?
«Per il momento insieme alla mia etichetta, la Paige Recording, siamo concentrati nella promozione dell’album. Dopo la produzione del video di », per la regia di Hunter Riccardi, stiamo valutando la scelta del terzo singolo da estrarre da AfteRap. Insomma siamo proiettati più al presente».

Chiara Chines

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