Rapine con ipnosi ad anziani nel Messinese, 5 arresti Tutte le vittime raccontano perdita di capacità critica

Sentivano un profumo e poi non ricordavano cosa fosse successo. Ma il loro conto corrente era stato alleggerito da prelievi che loro stessi avevano effettuato. Un racconto comune a tutti gli anziani che si sono rivolti ai carabinieri raccontando quello che era loro successo. Comincia grazie a queste denunce l’indagine dei carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto, coordinata dal sostituto procuratore Rita Barbieri che oggi ha portato all’arresto di cinque persone. Una sesta è ancora ricercata. Devono rispondere di rapina aggravata in concorso mediante l’ipnosi delle vittime

Si tratta di un gruppo di rapinatori che aveva base operativa a Palermo che nel corso di pochi mesi ha derubato numerose vittime, perlopiù anziane, individuate nei pressi di luoghi di culto o di ritrovo. «Le vittime, dopo essere state avvicinate dagli indagati col pretesto di una finta compravendita di gioielli, percepivano un intenso profumo che unito ad altre tecniche di manipolazione ipnotica li induceva in stato confusionale», scrivono gli investigatori. Grazie a questa tecnica le vittime venivano persuase ad andare a casa o in banca per prendere denaro che consegnavano inconsapevolmente ai malfattori. 

I rapinatori agivano sempre in tre per volta interpretando una sceneggiatura ormai consolidata. «Uno, non sempre la stessa persona, ricopriva il ruolo di marinaio straniero intenzionato a vendere gioielli, un secondo complice fingeva di essere interessato all’acquisto e il terzo infine quello di gioielliere in grado di valutare la merce e talvolta intenzionato a sua volta a comprarla». Queste fasi, in genere, duravano anche fino a due ore, durante le quali la vittima veniva fatta partecipe delle difficoltà del marinaio che avrebbe potuto subire un grave danno economico dalla mancata vendita o da quelle dell’ipotetico acquirente che non era in possesso di tutto il denaro necessario all’acquisto. 

Inoltre le vittime venivano blandite attraverso continue gestualità, abbracci, strette di mano per creare un vincolo empatico. In alcuni casi, attraverso questi contatti fisici, le vittime percepivano un profumo molto intenso, che provocava loro uno stato confusionale ed ipnotico. «Al termine di queste lunghe manovre la volontà delle vittime veniva coartata e soggiogata e queste ritenevano di dare un contributo per l’acquisto dei gioielli, essendo convinti che consegnare il denaro fosse il giusto comportamento da tenere». Ed è proprio nell’aver procurato uno stato di incapacità di volere o di agire nella vittima che si configura la violenza posta in essere dagli indagati. 

Le vittime sono tutte persone in pieno possesso delle proprie capacità di provvedere ai propri bisogni, di comprendere il significato delle proprie azioni e degli accadimenti del mondo esterno. Si tratta di soggetti di varia età e condizione sociale tutte perfettamente autonome, normalmente in grado di provvedere ai propri interessi. «Ciononostante tutte le vittime hanno evidenziato una singolare assenza di capacità critica accettando passivamente – secondo tutti i loro racconti autonomi tra loro, eppure convergenti nel contenuto – le indicazioni e la richiesta di denaro anche per somme cospicue che gli sono state rivolte dai malfattori mostrandosi inermi rispetto alle sollecitazioni che gli venivano rivolte». Tutte le vittime hanno descritto uno stato di confusione più o meno marcato, si sono dimostrate alquanto stupite per aver compiuto delle azioni del tutto estranee al proprio modo di operare ed hanno evidenziato una perdita della cognizione del tempo evidenziando meraviglia per aver trascorso delle ore con soggetti estranei senza un motivo plausibile. 

Tra i casi documentati dai carabinieri c’è quello di un settantenne di Barcellona Pozzo di Gotto, avvicinato in via Roma, che ha consegnato tremila euro. Il 68enne palermitano Giuseppe Immesi si è finto il marinaio che doveva vendere i gioielli, appoggiato da un secondo soggetto nel ruolo di possibile acquirente e un terzo (nel frattempo deceduto), nel ruolo di gioielliere. I tre hanno coinvolto la vittima sia verbalmente sia tramite ripetuti contatti fisici, «tra i quali continue strette di mano, l’appoggiare più volte una busta contenente denaro sulla pancia e sul petto della stessa e nell’inserire nel taschino della sua camicia i finti gioielli». L’anziano, ormai in stato confusionale, è quindi andato in banca e, seguendo le istruzioni dei malviventi, ha prelevato la somma in contanti di tremila euro senza riferire al cassiere dell’istituto che, conoscendolo personalmente glielo aveva chiesto, il motivo del consistente prelievo e poco dopo ha consegnato il denaro a Immesi davanti la porta della chiesa di San Sebastiano, ricevendo in cambio un anello rivelatosi privo di alcun valore. 

Un altro episodio riguarda una donna 45enne, sempre di Barcellona Pozzo di Gotto. Anche in questo caso tremila euro il bottino della rapina. A impersonare il marinaio stavolta ci ha pensato Giovanni Salafia, 27 anni di Palermo; Michele Faija, 59enne, di Cinisi il ruolo di interessato all’acquisto e Matteo Li Causi, 49enne, della provincia di Bergamo, quello di gioielliere. Stesso copione anche qui. Solo che invece di andare in banca la donna si è recata a casa e ha preso i contanti da consegnare a Faija all’interno della chiesa di San Sebastiano. Stamattina per i cinque protagonisti è scattato l’arresto. Il sesto è ancora ricercato.

Simona Arena

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