Da aprile 2016 ad oggi, su un organico di 2007 dipendenti, la percentuale di inidonei temporanei al lavoro si è ridotta passando dal 13,20 per cento al 5,97 per cento. Ad rivelarlo è la Rap che grazie a «verifiche e controlli» è riuscita ad assottigliare il numero complessivo dei lavoratori inabili dai 270 dell’aprile scorso ai 120 di fine gennaio. «L’alta percentuale di inidonei – spiega in una nota l’azienda -, rispetto alle medie considerate fisiologiche per mansioni che richiedono un carico fisico, creava non indifferente difficoltà nella gestione». Al momento del passaggio del personale Amia alla Rap, gli inabili erano circa 100, con una anomala impennata a partire dal 2014, che ha fatto scattare i controlli anche tramite la Asp.
Gli inabili temporanei a lavoro (che nel periodo di inabilità prestavano servizio di vigilanza, di pulizia, di portineria nelle varie sedi aziendali), una volta tornati idonei sono rientrati nei servizi assegnati, prima della inabilità temporanea, tra cui lo spazzamento e il funzionamento della piattaforma di Bellolampo. Alcuni, per esigenze di servizio, sono stati assegnati ad altri settori (compatibilmente con le eventuali limitazioni e/o prescrizioni indicate dai medici legali) come il servizio di svuotamento cestini e la pulizia dei mercatini.
Una ricostruzione, tuttavia, che non piace ai sindacati che rifiutano la semplicistica equazione ‘malato temporaneo equivale a imboscato’, anche perché «le certificazioni sono state prodotte dal medico aziendale. Innanzitutto – sottolinea il segretario regionale della Fit Cisl Sicilia Dionisio Giordano – va precisato che le inidoneità sono state concesse sulla scorta di giudizi del medico competente aziendale, e non da quello di famiglia». E se il numero degli inidonei temporanei nel 2016 aveva raggiunto quota 270, forse «questo dato va letto in correlazione ai 276 infortuni verificatisi solo lo scorso anno».
«Non vogliamo tutelare nessun imboscato – ribadisce – e siamo stati i primi ad aver condiviso con la Rap un percorso di verifica dei giudizi del medico aziendale, mandando alcuni lavoratori da quello dell’Asp per un secondo controllo. Non tolleriamo, però, quando populisticamente si vuole far credere che siamo di fronte a 270 imboscati. Dei 120 lavoratori rimasti, se ne escludiamo 29 – parzialmente inidonei a seguito di infortunio su lavoro – ne rimangono solo 90 che su che su un organico di oltre duemila unità, rappresentano solo il 4 per cento circa del totale, un dato abbondantemente fisiologico».
A impensierire le parti sociali, però, anche i conti dell’azienda si piazzetta Cairoli che destano preoccupazione per le «politiche di immobilizzazione crediti e indebitamenti bancari dell’azienda. «Non basta pagare le retribuzioni delle maestranze – affermano Fp Cgil, Fit Cisl, Uil Trasporti, Fiadel e Filas in una nota rivolta al Cda -. Da ben 45 giorni l’amministrazione comunale di Palermo non versa un centesimo nelle casse dell’azienda, il credito verso il Comune ci risulta essere pari a cinquanta milioni di euro e il CdA, anziché impegnarsi concretamente, ci convoca per affrontare temi di nuova riorganizzazione. A metà febbraio istituti previdenziali, erario e fornitori verranno a battere cassa – concludono – e l’azienda dovrà avere la condizione economica di farvi fronte senza ulteriori operazioni di finanza creativa».
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