Non credo che i responsabili dei maggiori partiti italiani si siano resi perfettamente conto della drammatica situazione politica del nostro Paese. A meno di essere affetti da gravissima sindrome di masochismo, nessuno di essi continuerebbe infatti a perseguire linee d’azioni politiche suicide come quelle che gli stessi continuano a praticare. Mentre monta la protesta contro un modo di far politica che, troppo spesso, si allontana dagli obiettivi nobili del perseguimento del bene comune, mentre cresce l’insofferenza per la perniciosa invadenza dei politici e della politica nella vita dei cittadini, mentre la corruzione del potere ha raggiunto livelli mai raggiunti nemmeno nel tempo della fine della Prima Repubblica, mentre la crisi travolge il presente della gente, mentre tutto questo accade, non un segnale, non una risposta credibile viene infatti offerta dai partiti e dalle loro leadership.
Nonostante il gran parlare che se ne è fatto, non si è, ad esempio, provveduto a dare una risposta alla richiesta di abbattimento dei costi della politica che, come appare evidente, costituiscono un punctum dolens sul quale si appunta la giusta protesta dell’opinione pubblica. Prova ne sono la lentezza con la quale si affronta il tema spinoso del finanziamento pubbIico dei partiti, prova ne sia le difficoltà che vengono frapposte al riconfigurazione dei poteri di rappresentanza sul territorio. Mi riferisco, in questo caso, soprattutto alla riduzione, se non alla cancellazione delle Province, ma anche all’accorpamento di piccoli Comuni come anche alla riduzione di indennità e gettoni di presenza che, pur essendo piccole gocce, tutte insieme alla fine diventano un mare.
Ma sono anche certi comportamenti non certo in linea con le aspettative della gente che suscitano profonda indignazione. L’ultima vicenda riguarda la nomina dei consiglieri della Rai, un’azienda pubblica di notevole importanza anche per il peso che ha nella formazione dell’opinione pubblica, che andrebbe sottratta alla contrattazione di basso profilo dei partiti.
E’ veramente vergognoso quanto è avvenuto proprio in queste ore. I partiti si sono divisi posti in consiglio d’amministrazione secondo un manuale Cencelli che ha avuto come riferimento l’attuale composizione del Parlamento. Al di là, infatti, della qualità dei prescelti, sui quali non abbiamo elementi per formulare critiche, è il metodo che va contestato. La prassi delle spartizioni non può più essere un metodo oggi praticabile. Un metodo che non può che suscitare giusta indignazione.
A questo si aggiunge il fatto che, anche qualora dovessimo considerare legittimo tale metodo, il parametro che i partiti hanno tenuto presente è l’attuale composizione del Parlamento, una composizione che tutti sappiamo ormai non corrispondere al consenso che esprime il Paese. Oggi, i sondaggi ci dicono che il Pdl non solo non ha più i consensi che raccolse nel 2008, ma che non è neppure il primo partito nel Paese. Non si capisce dunque come allo stesso si sia potuta assegnare la maggioranza dei consiglieri e come le restanti forze politiche abbiano potuto accettare una simile situazione. Non sarebbe stato meglio nominare un commissario e aspettare il 2013 per normalizzare la rappresentanza nell’ente in questione ?
Singoli episodi, dunque, che offrono l’immagine di una leadership senza un chiaro disegno nè una chiara percezione della realtà presente, che stante così le cose sarà in gran parte spazzata via dal voto della prossima primavera 2013.
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