Uno smottamento lento, non tale da provocare stragi, ma inarrestabile, sembra la frana dei corsi di laurea dell’università di Catania nella sede di Ragusa. Oppure, ricorrendo a una metafora meno catastrofica, più letteraria, sembra di assistere alla cronaca di una morte annunciata. Ma atteniamoci, per l’appunto, alla cronaca. Il 23 febbraio si riuniranno in seduta congiunta i consigli comunale e provinciale di Ragusa. All’ordine del giorno: approvazione della nuova convenzione con l’università di Catania. La riunione congiunta dei due massimi organi elettivi è una circostanza inconsueta. All’apparenza, dunque, la solenne sessione parrebbe ispirata da intenti costruttivi e risolutivi: la realizzazione dell’accordo con l’ateneo catanese stipulato il 30 giugno 2009, con l’istituzione di un tavolo tecnico “al fine di poter garantire il mantenimento dei corsi di laurea, secondo i requisiti necessari e di qualità, attraverso risorse economiche certe”.
Così recita, riprendendo il testo dell’accordo del 30 giugno, la bozza di convenzione fatta circolare in preparazione della seduta congiunta. La bozza, in effetti, è stata stilata sulla minuta di quella prodotta dall’ateneo in sede di tavolo tecnico tra università e rappresentanti del consorzio universitario ibleo e degli enti locali. Ma si tratta di un documento ben strano: pieno zeppo di vistose cancellature e di aggiunte. Il guaio è che le cancellature ed aggiunte stravolgono completamente il documento originario e sembrano dettate dall’intento di rendere impossibile ogni ragionevole intesa con l’università di Catania. Cosicché consiglieri comunali e provinciali verranno chiamati ad acclamare non l’accordo ma il pretesto per una rottura senza rimedio. “Non potrà esserci dibattito di merito, la bozza di convenzione è blindata” ha ufficiosamente dichiarato uno dei capigruppo, come a dire ai consiglieri che non vale neppure la pena di leggerla.
Una convenzione stabilita in maniera unilaterale non è una convenzione. Lo scenario che si profila è dunque paradossale. Una volta che il testo sarà stato votato dai due enti locali, i responsabili del consorzio universitario lo porteranno a conoscenza dell’ateneo. Dal canto loro gli organi collegiali dell’ateneo, in mancanza dei requisiti richiesti nell’accordo del 30 giugno, non potranno fare a meno di respingerlo, mentre le precedenti convenzioni sono già state revocate in mancanza del rispetto dei pagamenti dovuti per l’anno in corso.
Ci sarà probabilmente materia per interminabili ricorsi giudiziari. Ci sarà soprattutto la possibilità di rilanciare nei confronti dell’università di Catania accuse di rapace volontà imperialistica. Sta di fatto che la svolta politica impressa agli enti locali di Ragusa renderà impossibile l’avvio dei nuovi corsi di laurea nel 2010-2011 e metterà a rischio lo stesso completamento presso la sede di Ragusa dei corsi già avviati. Rotti così malamente i rapporti con l’università di Catania, a quale ateneo statale il consorzio ibleo – forte di ben 53 dipendenti ai quali è stata garantita stabilità del posto di lavoro – potrà rivolgersi per la costruzione dell’agognato “quarto polo”?
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