Lungo i viali di Ragusa la notte è quasi impossibile trovare prostitute. I suoi abitanti non sono dei puritani e il consumo di sesso a pagamento è continuo; il mercato non si svolge sulle strade ma è dimensionato, e riparato, all’interno di abitazioni. Quest’anno sono state scoperte nove case in cui venivano organizzati incontri sessuali, tre nel solo mese di ottobre, l’ultima questa mattina. Nell’anno precedente la polizia ne aveva individuate quindici. In tutto 24 in meno di due anni, secondo le indagini della squadra mobile di Ragusa.
Una casistica rilevante, dalle modalità sempre simili. Le donne arrivano nel capoluogo ibleo spesso con un’agenda già fitta di appuntamenti. Tutti presi in precedenza, attraverso le svariate pagine web che si offrono come vetrine, ricche di fotografie, bollenti descrizioni e contatti telefonici. I periodi di permanenza in città sono spesso ridotti, dai pochi giorni alle settimane. La novità – e la brevità del soggiorno – sono ulteriori elementi di richiamo che stimolano gli avventori.
I contatti iniziali delle donne avvengono con i titolari degli immobili. Affittati per un breve periodo, vengono concessi a canoni di locazione più alti della media. Un mercato sicuramente vantaggioso per i proprietari ragusani che, tutte le volte che gli investigatori hanno scoperto il traffico, hanno dichiarato di non essere a conoscenza delle attività che si svolgevano all’interno. Le donne che attirano i clienti iblei sono prevalentemente giovani avvenenti di origine sudamericana – statisticamente in prevalenza nel settore della prostituzione, secondo il capo della squadra mobile Antonino Ciavola. Alcune addirittura provviste di passaporto europeo e libere di circolare nell’area Schengen.
Gli avventori appartengono a tutte le classi sociali: affermati professionisti o disoccupati, in molti si rivelano disposti a pagare cifre che variano dai cinquanta a 200 euro, secondo la prestazione amorosa loro offerta, con aumenti in caso di prestazioni in gruppo. Almeno a Ragusa il fenomeno del sesso a pagamento non sarebbe in mano alle organizzazioni criminali tradizionali: «Non ci risulta alcun legame particolare – conferma il capo della Mobile – si tratta quasi esclusivamente di professionisti del settore, inseriti in un circuito preciso, che si muovono continuamente per il Paese al fine di evitare di essere individuati». Nessuna tratta delle schiave, ma volontario esercizio della professione, secondo gli investigatori. L’antico mestiere, nelle nuove forme, garantirebbe cospicui guadagni settimanali, sfruttando le nuove possibilità di movimento e comunicazione informatica.
A denunciare le attività di prostituzione sono quasi sempre i residenti dei quartieri del centro, in cui si trovano la maggior parte delle case a luci rosse. A volte sconvolti da palesi rumori, altre disturbati dai continui scampanellii di uomini alla ricerca, sono i vicini di casa a subire il disturbo maggiore e a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine. Che sono riuscite ad individuare e segnalare alle autorità giudiziarie il cospicuo numero di attività illegali.
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