«Ragusa, città che naviga sull’acqua, paradossalmente sta vivendo una pesante crisi idrica, a causa dell‘incuria nella gestione del territorio e delle falde acquifere». L’allarme di Antonino Duchi, biologo e presidente di Legambiente Ragusa, si riferisce alla situazione che, da circa un mese, stanno vivendo i cittadini del capoluogo di provincia ibleo. Una totale mancanza di acqua nelle case da quando, a fine gennaio, due pozzi sono stati chiusi perché inquinati. Un problema che si unisce a quello della siccità, dovuto alla mancanza di forti piogge da mesi, denunciato a più riprese dai contadini della stessa provincia. «Questo “disastro ambientale” può e deve essere un’occasione per cambiare radicalmente il nostro rapporto con questo bene prezioso», continua Duchi, diffondendo in una nota dei semplici consigli per il risparmio idrico, «non dimenticando di impiegare le stesse accortezze che si usano in casa anche nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro».
La questione comincia a fine gennaio, quando due pozzi nell’alveo del fiume Irminio, che riforniscono insieme il 20 per cento della città di Ragusa, vengono dichiarati inquinati. Chiusi i due pozzi, i cittadini della zona sud rimangono senza una goccia d’acqua. Da settimane vengono riforniti dalle autobotti del Comune. Ma le cronache locali riportano puntuali disservizi e ingenti spese per le famiglie: per il rifornimento comunale, infatti, si può arrivare ad aspettare anche una settimana; nel frattempo i cittadini sono costretti ad affidarsi ai privati, pagando più di 70 euro a fornitura idrica. Un’emergenza che il commissario straordinario del Comune di Ragusa, Margherita Rizza, ha cercato di limitare con un piano che coinvolge tutta la città. Ma che ha suscitato forti critiche.
A inizio febbraio, gli adduttori della rete idrica che servono l’altra parte di Ragusa sono stati chiusi per 48 ore. L’obiettivo: far accumulare l’acqua nel serbatoio comunale e ridistribuirla nella parte della città a secco. Una scelta che, secondo il commissario ibleo, avrebbe dovuto alleviare i problemi di quella parte dei cittadini in attesa delle autobotti comunali. Ma che invece, secondo le critiche dei ragusani, non ha fatto altro che estendere il problema a tutta la città. Anche dove prima non c’era. Un piano di emergenza poco condiviso, in attesa che le analisi dell’Asp dichiarino la possibilità di riaprire i pozzi nell’alveo dell’Irminio. In questi giorni è caccia al protozoo Cryptosporidium, il pericoloso parassita intestinale che minaccia e preoccupa i ragusani.
La situazione dei pozzi va ad aggravare una situazione idrica già emergenziale per la provincia iblea. Da mesi, infatti, gli agricoltori della zona denunciano le difficoltà del settore a causa delle scarse piogge. E chiedono alle istituzioni di dichiarare lo stato di calamità naturale. «Urgono 450 millimetri di pioggia mancanti all’appello!», scriveva ancora fino a qualche giorno fa l’agronomo Corrado Vigo su Twitter. Le cui previsioni future non sono affatto positive: «L’inverno e le sue temperature rigide permangono – scrive sul suo blog – Piccoli acquazzoni non ripristineranno il maltolto, ovvero quella quantità di acqua che avrebbe evitato di gridare “aiuto”, una richiesta inascoltata! La prossima estate ci sarà da ridere…».
Da Legambiente Ragusa, intanto, si augurano che il momento di difficoltà che stanno vivendo i cittadini ragusani diventi «un’occasione per cambiare radicalmente il nostro rapporto con questo bene prezioso», l’acqua. E diffondono semplici e non nuovi, ma sempre validi e poco conosciuti, ecoconsigli per il risparmio idrico (e del portafoglio):
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