Corsi di laurea per valorizzare il territorio puntando ai privati e rafforzando il dialogo con le istituzioni e il mondo del lavoro. Questi in sintesi gli intenti del neo rettore dell’Università di Palermo , Fabrizio Micari, eletto giovedì al primo turno con la maggioranza dei voti. Il nuovo rettore, infatti, ha superato la soglia del quorum previsto dal primo turno e rispetto alle 1090 preferenze richieste per l’elezione ne ha incassate 1401, il triplo rispetto all’avversario Vito Ferro. «Che nella realtà ci fossero le condizioni per poter esser eletto al primo turno lo pensavo – ha detto a MeridioNews – ma i risultati sono andati al di là delle mie più rosee previsioni. Prima del voto, sulla base dei consensi ricevuti dagli studenti e dai colleghi, ero convinto che con una buona partecipazione alle elezioni si potesse raggiungere il quorum al primo turno. Ma sono le dimensioni del successo che sono state inaspettate, un risultato esaltante».
Micari, che prenderà a novembre il posto dell’uscente, Roberto Lagalla, nel suo programma ha indicato due direttrici: l’autonomia dei dipartimenti e un maggiore confronto con le altre istituzioni e con il mondo del lavoro. «Dobbiamo dare spazio e autonomia ai dipartimenti – ha chiarito – con ruoli precisi riguardo la didattica e la ricerca, ma è sul fronte del rapporto con il mondo del lavoro che dobbiamo partecipare insieme con le altre istituzioni per definire le strategie di sviluppo e far crescere questa terra». Per il neo rettore formazione dei giovani e trasferimento di conoscenze devono essere allineati a queste strategie ma è opportuno un maggior collegamento con le possibilità occupazionali. «È chiaro – ha proseguito – che siamo un grande ateneo della Sicilia occidentale e la nostra offerta deve essere ampia e diversificata, ma dobbiamo fare qualcosa che abbia una ricaduta forte sul mercato, dando l’opportunità ai giovani di lavorare in questa terra senza necessariamente emigrare».
Secondo Micari, tuttavia, in questo percorso è venuto meno il dialogo con altri soggetti, in particolare con la Regione, con la quale fino a oggi le comunicazioni non sono state «esaltanti». «Servono strategie da individuare con altri interlocutori, in primo luogo con la Regione – ha aggiunto -. È chiaro che c’è bisogno di un rapporto rinnovato e più forte, soprattutto per cercare di lavorare assieme. Evidentemente l’utilizzo dei fondi europei rientra in questo percorso. Abbiamo diverse attività su fronte del dottorato di ricerca, e devono esser discusse insieme ma, in questa fase, il dialogo con la Regione non è stato esaltante. Mi è capitato, ad esempio, di partecipare a degli incontri con al centro le strategie nel settore dell’agroalimentare, e non mi pare che il riscontro da parte dell’amministrazione sia stato notevolissimo». Insomma, per il neo rettore è necessario «migliorare, c’è un difetto di interlocuzione. È evidente – ha ribadito – che questo deve trovare una cornice regionale ben precisa e dobbiamo fare in modo che la Regione dialoghi con noi».
Cuore del problema l’offerta formativa che deve essere rivista in funzione delle occasioni e dei settori che oggi in Sicilia promettono maggiori possibilità. «Ci sono dei settori nei quali le prospettive occupazionali sono al di fuori della Sicilia e non vanno tralasciati – ha spiegato -, ma dobbiamo offrire anche un ventaglio ampio di corsi di laurea che abbiano ricadute nei nostri territori. Se noi crediamo che questo territorio possa aver un futuro dobbiamo individuare delle chiare direttrici. Ad esempio, puntando alla valorizzazione dei beni culturali e del sistema agroalimentare. Da questo punto di vista credo che la nostra offerta formativa debba esse orientata verso questi obiettivi offrendo corsi che ancora non ci sono».
Altro passaggio fondamentale, fiore all’occhiello dell’ateneo palermitano, è il potenziamento del settore della ricerca, garantendo più servizi a supporto dei ricercatori. «La ricerca ormai è sempre più basata sul reperimento dei fondi esterni – ha detto -. Dopo una fase di progettazione si passa alla fase di gestione e di rendicontazione, che hanno un carattere prevalentemente amministrativo. Dobbiamo rafforzare le strutture che supportano i ricercatori nei progetti: delle attività di carattere amministrativo deve occuparsene il personale all’interno dei dipartimenti». Parlando di ricerca viene spontaneo pensare ai privati, e, non a caso, molti dei progetti sono stati realizzati grazie a fondi di soggetti esterni, ma occorre implementare questo rapporto. «Non c’è alcuna preclusione – ha concluso – ma è pur vero che in questo momento il mondo dell’imprenditoria ha poche risorse ma è possibile potenziare la partnership per attingere insieme dai fondi nazionali e internazionali».
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