Gli interessi della mafia di Barcellona su discoteche e trasporto turistico. Due gli episodi su cui oggi è stata fatta piena luce, grazie ai nuovi pentiti Franco Munafò e Alessio Alesci, zio di Giuseppe Ofria arrestato oggi. La loro testimonianza ha permesso di individuare i mandanti e gli esecutori materiali degli incendi che il 13 agosto e il 3 dicembre 2014 distrussero la discoteca e sala ricevimenti Villa Ligà a Furnari e la motonave da diporto di 32 metri Eolo d’oro, impiegata in minicrociere alle Eolie. Quasi due milioni di euro di danni che furono indennizzati interamente attraverso i fondi messi a disposizione dalla Federazione antiracket italiana.
A caratterizzare i due episodi criminali, come sottolineato dal procuratore capo Guido Lo Forte, «l’estrema violenza e la ferocia» che utilizza il gruppo mafioso arrestato oggi. Abitudini che emergono chiaramente dalle indagini condotte dai carabinieri del Ros. Coordinati dai sostituti procuratori della Dda, Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio, i militari individuano tra i responsabili dei due incendi le nuove leve della mafia del Longano. Figli e nipoti d’arte che cercavano di imporre con gesti eclatanti la supremazia sul territorio. In manette sono finiti Giuseppe Ofria, 21 anni; Bartolo D’Amico, 25 anni; Marco Chiofalo, 22 anni e Giovanni Fiore, 26 anni, che già si trovavano in carcere. E ancora Salvatore Chiofalo, 26 anni; Santino Benvenga, 23 anni; Tonino Biondo, 40 anni e Carmelo Crisafulli, 25 anni.
Devono rispondere a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina, porto abusivo di arma da fuoco, furto e incendio, aggravati dalla disponibilità di armi e materiale esplodente e dall’aver voluto agevolare le attività della famiglia barcellonese. Nell’ordinanza siglata dal Gip Giovanni De Marco viene messa in luce «la ferocia con cui gli appartenenti al sodalizio barcellonese hanno affermato la propria egemonia sia nell’ambito dei servizi di sicurezza privata all’interno delle discoteche della zona di Milazzo e di Barcellona, sia nel settore turistico del trasporto alle Eolie». La banda si occupava anche di spacciare droga sul litorale messinese e nei principali punti di ritrovo. Grazie alle indagini è stato chiuso il cerchio anche su una sanguinosa rapina in un supermercato di Tripi, che vide la banda aprire il fuoco su un cliente che aveva tentato di ostacolare la fuga dei rapinatori. Gli arresti dell’operazione di oggi battezzata Gotha 5 ter, sono il seguito del filone investigativo dell’operazione Gotha 5.
L’incendio di villa Ligà viene deciso da Alessio Alesci, Franco Munafò e Giuseppe Ofria, dopo che quest’ultimo, durante una serata danzante, ha una discussione con alcuni componenti del servizio di sicurezza del locale. Nonostante la stessa sera Ofria umili pubblicamente e aggredisce fisicamente tali soggetti, sottolineando il proprio rango mafioso, il gruppo pensa che è necessario un gesto eclatante. Come raccontato dai due nuovi pentiti, Ofria indende vendicarsi a livello personale con chi non l’aveva rispettato: «A questo pezzo di merda glielo devo fare pagare, o gli brucio la macchina o gli sparo nella macchina», ma la decisione finale è quella di incendiare il locale. «No, lo sai che facciamo? La cosa migliore ce la prendiamo con il locale, e gli facciamo vedere il segno del potere, loro si sono comportati così? Niente per nessuno». Vengono usati 80 litri di benzina per incendiare e distruggere Villa Ligà. Uno degli esecutori, Bartolo D’Amico, si ferisce gravemente ai piedi e per qualche settima è ospitato a casa di un’amica a Lipari per le cure, pagate mille euro da Alesci.
Sono invece 200 i litri di benzina utilizzati per dare alle fiamme la motonave di 32 metri Eolo D’Oro che effettuava minicrociere per le isole Eolie. L’incendio viene commissionato da Giovanni Fiore, già in carcere per estorsioni commesse nei confronti di imprenditori edili impegnati in lavori sul lungomare di Ponente a Milazzo. Sempre secondo le dichiarazioni dei due collaboratori che hanno trovato riscontro nelle indagini dei Ros, Fiore si sarebbe rivolto al gruppo barcellonese attraverso Munafò e Alesci per incendiare l’imbarcazione dell’imprenditore milazzese Salamone. Sul punto il Gip ha rilevato che «il riferimento di Fiore ad Alesci non è meramente funzionale alla ricerca di un gruppo di sicari da assoldare, bensì è il chiaro atteggiamento di chi si rivolge al vertice di un’organizzazione criminale che esercita il controllo su una determinata porzione di territorio».
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