Quei bombardamenti su Palermo la notte di Ferragosto «Colpita dagli italiani dopo l’ingresso dell’esercito Usa»

«Palermo è stata tra le poche città che durante il secondo conflitto mondiale ha subito il bombardamento da parte di tutte le maggiori aviazioni partecipanti: Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Germania e Italia». Nel suo libro Bombe su Palermo lo scrittore Alessandro Bellomo sottolinea un primato che il capoluogo siciliano avrebbe voluto volentieri evitare. Ma c’è un altro aspetto, ancor più sconosciuto, che invece si lega a questi giorni e più in generale al Ferragosto. Ovvero i bombardamenti che avvenero nella notte tra il 14 e il 15 agosto 1943, esattamente 76 anni fa.

A eseguirli fu la Regia Aeronautica Italiana. «Rispetto ai disastri precedenti, che sventrarono praticamente mezza città con il 42 per cento del tessuto urbano che fu distrutto – racconta lo studioso Wil Rothier – quelli della notte del Ferragosto furono poca cosa. Per capire perché Palermo fu bombardata dagli stessi italiani bisogna considerare che l’esercito Usa era entrato a Palermo il 22 luglio, e quindi di fatto la città era diventata americana. Furono i CANT 1007 Z italiani ad attaccare con bombe e razzi la città e il porto. L’ultimo bombardamento sul capoluogo siciliano venne effettuato la mattina del 23 agosto del 1943 da parte della Luftwaffe tedesca». 

E in quell’occasione l’aeronautica militare teutonica riuscì a colpire due navi, tra cui l’USS Mayrant che era comandata da Franklin D. Roosvelt Jr, figlio del presidente degli Stati Uniti, che in quell’occasione fu ferito a un braccio. Forse fu anche per questo motivo che, come riporta ancora il testo di Bellomo, «esperti alleati negli armamenti intervennero per esaminare gli ordigni caduti sulle case a Palermo, impedendo persino ai vigili del fuoco di Palermo di potere intervenire nelle operazioni di sgombero delle macerie, come il comandante del corpo dei vigili del fuoco scrisse nel suo rapporto d’intervento del 22 agosto 1943».

Di lì a poco la guerra, almeno nel capoluogo siciliano, finì. Che poi di quelle ferite la città porti ancora i segni, a distanza di 76 anni, questa è un’altra storia.

Andrea Turco

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