Quanto costa alla Sicilia essere un’isola? Regione stanzia 170mila euro per saperlo

Quanto costa alla Sicilia essere un’isola? Chi più chi meno, tutti i siciliani lo hanno provato sulla propria pelle: collegamenti, trasporto delle merci, isolamento, energia. Eppure, quando bisogna sedersi ai tavoli che contano per far pesare questi disagi, manca uno studio che, sulla base di dati e analisi, sappia quantificare e spiegare questo eterno e cronico disagio. La Sardegna lo ha fatto nel 2015, la Sicilia si muove adesso. La giunta Musumeci ha approvato una delibera che dà il via libera alla composizione di un gruppo di studio per «una ricerca valutativa inerente la stima dei costi dell’insularità in Sicilia». Dodici componenti, tra accademici e tecnici, guidati dall’assessorato al Bilancio per un costo stimato tra 150mila e 170mila euro. 

L’Unione europea ha 450 isole dove vivono 14 milioni di abitanti, di cui il 36 per cento, cioè cinque milioni, solo in Sicilia. Mancano però, precisa la Regione, azioni che portino a una giusta compensazione economica. Il concetto da seguire è quello di accessibilità. «Se è possibile stimare un livello di accessibilità sarà possibile successivamente stimare i costi dell’insularità», sottolinea il dipartimento regionale della Programmazione. E cioè costi di tempo, monetari, delle infrastrutture, e costi legati all’assenza di alternative. 

Avere un documento omnicomprensivo significherebbe poter trattare col governo nazionale e con l’Unione europea con maggiore puntualità. Il tema a Roma è abbastanza caldo. In discussione al Senato, in commissione Affari istituzionali, c’è un disegno di legge che propone la modifica all’articolo 119 della Costituzione e che mira a inserire «il riconoscimento del grave e permanente svantaggio naturale derivante dall’insularità». Allo stesso tempo la Regione Siciliana ha avviato da oltre un anno un negoziato con il governo nazionale (che però ha subito una frenata col Conte bis) per l’attuazione dell’autonomia finanziaria e fiscale. E si punta a inserire anche le misure per la compensazione dell’insularità.

Per stimare i costi dell’insularità per la Sicilia, la giunta Musumeci vuole quindi costituire un gruppo di lavoro multidisciplinare e multissettoriale di alto livello, con esponenti del mondo accademico e sostenuto da istituti di ricerca nazionali e regionali. Verrà finanziato con fondi Po Fesr 2014/2020 «presumendo una spesa tra 150mila e 170mila euro così ripartiti: 90mila euro per convenzioni con istituzioni ed enti esterni, 25mila euro per pagare il gruppo di lavoro, 45mila euro per rilevazioni informazioni sul campo e al desk».

Intanto oggi pomeriggio l’Ars ha approvato un disegno di legge in cui si chiede di inserire un nuovo articolo nello Statuto siciliano, il 38 bis che reciterebbe: «Lo Stato riconosce gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità e garantisce le misure e gli interventi conseguenti per assicurare la piena fruizione dei diritti di cittadinanza dei siciliani». Il ddl, primo firmatario il deputato del gruppo misto Vincenzo Figuccia, è stato approvato. Per la modifica dello Statuto siciliano, però, serve un passaggio anche al Parlamento nazionale.

«Con un semplice articolo – commentano Figuccia e la collega dell’Udc Eleonora Lo Curto – introduciamo nello Statuto il riconoscimento degli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità, affinchè lo Stato non viva più l’autonomia della Sicilia come un baratto, promettendo risorse che non sempre vengono date, ma come un sacrosanto diritto sancito». Il tutto, oltre che subordinato all’approvazione del Parlamento, è legato anche alla vera e piena attuazione di uno Statuto che, in parte, è rimasto solo una dichiarazione di principi. 

Salvo Catalano

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