Quando la scuola crepa

Sisma, scossa, movimento tellurico. Ci sono mille modi per definire i terremoti e i catanesi lo sanno. Catania è stata classificata al secondo posto tra i siti a maggior vulnerabilità sismica in Europa, secondo il criterio del massimo storico raggiunto con il terremoto del 1693. Catania fa parte anche del “Progetto Europeo”, promosso dall’istituto geologico francese BRGM – Geosciences for a sustainable Earth. Un’attenta analisi di sette città europee scelte tra quelle ad altissimo rischio sismico: da Barcellona a Bucarest, da Nice a Tessalonica. E c’è di più. Catania ha goduto dei fondi nazionali della legge 433, quella per la ricostruzione dei comuni colpiti dal terremoto di Santa Lucia del 1991. Alla Regione Sicilia venne assegnato un contributo straordinario di 3.870 miliardi di vecchie lire. 120 miliardi furono destinati per la messa in sicurezza del patrimonio pubblico di tutta la provincia etnea e 230 miliardi per edifici privati nelle città di Catania, Siracusa e Ragusa.  

Catania è anche uno dei pochi centri in cui gli studi al riguardo non mancano. Esistono approfonditi dossier sulla vulnerabilità del territorio eppure la città non possiede alcun programma di prevenzione sismica urbana. Il primo importante studio sugli edifici pubblici fu redatto nel 1999. Stiamo parlano del “Censimento di vulnerabilità degli edifici strategici e speciali” (redatto dal Dipartimento Nazionale di Protezione Civile, allora diretto da Franco Barberi). Nel documento troviamo un elenco di tutti gli edifici pubblici con relativo grado di vulnerabilità e il 70% delle scuole di Catania risulta ad alto rischio. Ma che fine hanno fatto i fondi per la prevenzione antisismica?

In tutta la zona di Catania sono stati censiti circa 800 plessi scolastici tra scuole di primo ciclo – di propietà del Comune – e scuole di secondo ciclo – di propietà della Provincia. Era l’aprile del 2000 quando il Censimento di vulnerabilità venne inviato a tutte le regioni e i comuni interessati. Avrebbe dovuto rappresentare il punto di partenza per ulteriori accertamenti e la realizzazione dei cosiddetti “fascicoli dell’edificio”; schede tecniche che approfondissero gli studi strutturali su ogni edificio così da pianificarne eventuali interventi. Oggi però, le uniche schede presenti per le scuole di Catania sono i fascicoli statistici imposti dal ministero nel 2009. Gli studi sono rimasti fermi a dieci anni fa. E i programmi di intervento?

Ad essere oggetto di interventi finanziati con la legge 433 circa il 30% degli edifici scolastici di Catania. Le cifre però parlano chiaro, non stiamo parlando di adeguamento antisismico. 

Al Comune i soldi per le scuole non bastano e quelli destinati alla prevenzione sono stati spesi per fare altro. Adeguare sismicamente le scuole, si sa, costa caro e l’Amministrazione deve fare i conti con le scarse risorse finanziarie e i fondi per la prevenzione che non ci sono più. Adesso si scava tra i residui di fondi destinati ad altre opere. Ma che tipo di interventi verranno effettuati nelle scuole? 

Per capire da cosa bisognerebbe partire per mettere in sicurezza le scuole in caso di terremoto abbiamo chiesto il parere di un esperto geologo…

Federica Motta

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