«Se dovessi scrivere un saggio su Leonardo Sciascia lo intitolerei “un velo di inquietudine”», così il professore Giuseppe Giarrizzo presenta la sfaccettata figura del grande scrittore siciliano. «Fu sempre una persona inquieta nella sua vita, nel lavoro politico e in quello letterario. Credette fino alla fine che l’immaginazione letteraria facesse parte anche della capacità dello storico di ricreare» continua poi, raccontando scorci della sua personale amicizia con lo scrittore. La storia e la letteratura nella nostra terra è stato il tema del seminario “Sciascia e la Sicilia. Letteratura e storia” tenutosi martedì 15 dicembre al Coro di notte dell’ex Monastero dei Benedettini. Tracciare le linee guida della storia della Sicilia attraverso i racconti di uno dei più noti scrittori dell’isola, questo il filone dell’incontro. A parlare della figura dello scrittore, il preside della facoltà di Lettere e Filosofia Enrico Iachello e i professori Silvano Nigro e Giuseppe Giarrizzo.
«Leonardo Sciascia ha impegnato tutta la sua vita immergendo la sua letteratura nella filosofia, nella politica, nella società e nella modernità dei suoi anni, immettendo nozioni di filosofia e pensiero politico che lo rendono un letterato di grandi vedute», interviene il prof. Silvano Nigro. Tanti i docenti e gli studenti presenti all’incontro e particolare risalto alle diverse posizioni, spesso critiche, sorte sulla vita e l’operato di Sciascia, uomo e politico che spesso si è prestato a facili fraintendimenti e idee corrotte. A giusta memoria dello scrittore interviene però il prof. Silvano Nigro che dice: «A vent’anni dalla morte di Leonardo Sciascia credo sia davvero necessario spiegare le opere di questo nostro illustre conterraneo perché non se ne abusi più. È vergognoso sentire come personaggi pubblici parlino oggi di Sciascia senza averne mai letto una riga. In primis il Ministro Alfano che giorni addietro ha detto: “A Berlusconi servirebbe un uomo come Sciascia”. Davvero senza senso».
Delineando i tratti più importanti dello stile delle opere dello scrittore, Nigro aggiunge: «Quando parliamo di Sciascia dobbiamo mettere in primo piano che si parla dei suoi libri e dovremmo intenderli come se fossero delle opere a se stesse. Si parla di filosofia, di politica e della vita siciliana, ma non con usuali componenti romanzesche. Sembra quasi che non scrivesse romanzi e spesso ci si avvicina a lui non conoscendo queste informazioni ma piuttosto fidandoci di considerazione errate».
Sciascia fu uno scrittore poliedrico. Le immagini e le illustrazioni, ad esempio, hanno grande importanza nelle sue opere, quasi a configurarsi come chiavi di lettura. I primi volumi furono disegnati da Sciascia stesso, inserendo indici e note per una comprensione e una organizzazione maggiore. Ma Sciascia si fidò troppo di uno dei suoi amici che, dopo la sua morte, inserì nelle pubblicazioni tutte le bozze, persino quelle scartate. In altri casi vi apportò delle correzioni che modificarono profondamente gli scritti e le battuta dei personaggi. Molte delle opere così ristampate persero quindi il loro significato originale. E’ questo uno dei motivi principali per cui oggi non esiste un’unica chiave di lettura delle sue opere.
La storia e la letteratura nella nostra terra come punto focale dell’incontro non potevano che portare i tre relatori a concludere con una domanda: perché la storia della della nostra terra è raccontata quasi totalmente dalla letteratura piuttosto che dalla storia? Quesito questo, da molto tempo, sotto la lente d’ingrandimento di tanti studiosi e al quale, tutt’ora, non è data risposta.
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