Quando al lavoro andavano le vedove

Vogliamo dare voce al principio femminile in tutte le sue forze, attraverso le donne più diverse, nella parola e nell’azione”. Sotto questo slogan è iniziato, presso il monastero dei Benedettini, «Il risveglio delle I-dee – il femminile dai nomi per un mondo diverso», convegno organizzato dalle associazioni Akkuaria, Argiope, Gilanie, Miamo, con il patrocinio della facoltà di Lingue dell’Università di Catania. Sono intervenute Clara Panascìa, rappresentante di Argiope e Gilanie, e la professoressa Simona Laudani dell’Università di Catania.

La Panascìa ha ricordato che «Il Risveglio delle I-Dee» è un convegno annuale sul femminile che ha lo scopo di “valorizzare e riscoprire non solo il pensiero ma anche le azioni delle donne, sotto una luce di particolare interesse: immaginare, progettare e proporre un mondo diverso. Si tratta di un’esperienza formativa unica per le persone che interverranno”. Ed ha concluso: “oltre alle conferenze in auditorium aperte a tutti, sono offerti laboratori teorici e pratici a numero chiuso e spettacoli di danza e musica”.

Ha poi preso parola la professoressa Laudani, docente di Storia della facoltà di Lingue, con una relazione intitolata “Donne e lavoro tra età moderna ed età contemporanea”. La professoressa ha ricordato che “lo studio della storia delle donne inizia negli anni ottanta del secolo scorso e pone la sua attenzione sul lavoro delle donne. A tal proposito è interessante analizzare il lavoro delle donne all’interno delle corporazioni. Quest’ultime erano interamente organizzate al maschile”.

È il movimento femminista, che, come tutti i movimenti politici e sociali, tentò di definire la propria identità, guardando al passato, proprio per questo motivo nasce lo studio della storia delle donne” ha spiegato ancora la Laudani. “Bisognava però avere più dati, c’era l’esigenza di usare un metodo nuovo: si scoprì, ad esempio, che le donne ebbero un ruolo importantissimo durante la rivoluzione industriale, con il loro lavoro. Perché le donne erano, a differenza degli uomini, più duttili, più disponibili a imparare, il loro era un ‘fare’ continuo, non avevano un mestiere ben definito, a parte il fatto che venivano pagate di meno”.

Uno degli obiettivi era quello della liberazione e dell’emancipazione. Ad un certo punto però questa storia incominciò a stare stretta. Si rischiava ancora una volta di ghettizzare le donne. Si parlò quindi di ‘genere’, opponendosi al termine ‘sesso’ che fa emergere soltanto le differenze biologiche. Il ‘genere’ sottolinea invece gli aspetti relazionali, le relazioni intercorse, nella storia, tra i due generi, quello maschile e quello femminile”.

 “Se il lavoro per gli uomini è stato qualcosa di centrale, fondamentale e che dava vigore – ha continuato la Laudani – per le donne lavoratrici, al contrario, non lo era; anzi venivano considerate delle ‘poverette’ e tal volta erano giudicate male. In passato le donne o c’erano, ma la loro presenza era inquietante – basti pensare agli abiti simili al burqa, tipico dei paesi islamici, che indossavano le donne siciliane – oppure se erano visibili, dovevano essere in una posizione subalterna a quella degli uomini”.

Ma il ruolo delle donne era diverso di città in città: “A Bologna, ad esempio, i maschi e le femmine che lavoravano nella seta, erano divisi in due corporazioni; quella dei veli, la più importante, era gestita dalle donne, le quali però facevano parte alla categoria degli ‘Obbedienti’, insieme a stranieri e ebrei”.

Spesso la presenza delle donne sul lavoro veniva vista come pericolo. “Per due motivi. Il primo riguarda la concorrenza sul lavoro; il secondo è simbolico e riguarda la partecipazione alla vita sociale e politica delle corporazioni. C’erano solo alcuni casi in cui le donne comparivano, casi questi legati all’appartenenza familiare: figlie, mogli e vedove. Solo le vedove – conclude la Laudani – avevano il diritto di avere una bottega, gestita però non per il loro benessere, ma per quello dei figli”.

Gli incontri e le attività di “Il risveglio delle I-Dee» continuano, con un fitto calendario, fino al 10 maggio.

Giuseppe Contrafatto

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