Pugno duro di Madrid e dell’Ue contro il referendum separatista in Catalogna

Pugno duro di Madrid e dell’Ue contro il referendum per l’indipendenza della Catalogna. Il premier spagnolo Mariano Rajoy  ha dichiarato: “Questo referendum è contro la Costituzione e non avrà luogo. Ciò che è stato deciso è anticostituzionale e illegale”. Il no durante   una conferenza stampa congiunta con il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, ennesima prova che questa Unione europea delle banche e della finanza è contraria all’autodeterminazione dei popoli a favore  della quale, invece si è schierata anche l’Onu.  Non a caso, Van Rompuy ha sottolineato: “L’unità richiede sforzi che tuttavia vale la pena di affrontare. Mi sono sempre opposto a ogni movimento separatista, nel mio Paese così come negli altri Stati”.

Una presa di posizione che arriva all’indomani dell’accordo tra  il presidente della ‘Generalitat’ catalana, Artur Mas,  con i leader dei partiti di sinistra sulla data in cui dovrebbe essere celebrato il referendum separatista: 9 Novembre 2014. Due le domande concordate da sottoporre ai catalani: ‘Vuole che la Catalogna sia uno Stato?’. E, in caso di risposta affermativa: ‘Vuole che la Catalogna sia uno Stato indipendente?’. Con questa formulazione Artur Mas (CiU), Oriol Junquera (Erc), Joan Herrera (Icv) e David Fernandez (Cup) puntano a spronare i settori favorevoli alla consultazione, ma più propensi ad una organizzazione di tipo federalista.

Il pugno duro dell’Ue e del Governo spagnolo non sembra però  scoraggiare i catalani. I leader separatisti hanno già fatto sapere  che se lo Stato alla fine non dovesse accettare un referendum legale, scioglierà il ‘Parliament’ di Barcellona e convocherà, assieme a tutto il fronte indipendentista, elezioni anticipate. Con l’obiettivo di conquistare il 75% della Camera catalana: una maggioranza, a quel punto, sufficiente per avallare una secessione.

E a quel punto sarebbero guai per Madrid. I catalani, infatti, non sono disposti a rinunciare al loro diritto di scegliersi il futuro che vogliono. La crisi economica, tra l’altro,  ha evidenziato  tutti le pecche dello Stato unitario spagnolo: su ogni 100 euro di imposte pagate, solo 45 tornano in Catalogna, secondo le stime dell’università autonoma di Barcellona. Fatto, questo, che ha catalizzato il malcontento sul fronte indipendentista, come dimostrato dalle mobilitazioni, ultima delle quali la catena umana inscenata da centinaia di migliaia di persone lo scorso 11 settembre, giorno della Diada, la festa nazionale. Oltre 160 municipi della Regione si sono già dichiarati “territorio catalano libero e sovrano” e perfino la squadra di calcio del Barcelona afferma, nel suo slogan, di condividere “il Dna di una Catalogna come nazione”.

Il dado è tratto, nonostante le tentazioni autoritarie dell’Ue.

Ai catalani è arrivata immediatamente la solidarietà degli indipendentisti scozzesi. La Gran Bretagna, infatti, Paese evidentemente più democratico e più distante dalle oligarchie dell’Ue, ha stabilito che Edinburgo celebrerà il suo referendum separatista il prossimo autunno.

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Antonella Sferrazza

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