Sei anni e due mesi per Adolfo Messina e cinque anni e quattro mesi per Alfio Trombetta. Sono le richieste di condanna che l’accusa ha formulato, al termine della requisitoria, davanti la giudice per l’udienza preliminare Simona Ragazzi. Imputato numero uno è l’ex presidente della Pubbliservizi, la società partecipata della Città metropolitana travolta dallo scandalo corruzione della scorsa estate. L’udienza di oggi, che si svolge nell’ambito di un processo con rito abbreviato, è stata monopolizzata dai pubblici ministeri Fabio Regolo e Fabio Saponara. Una lunga maratona giudiziaria che ha il secondo tempo già fissato per la prossima udienza, in calendario per il 25 maggio. In quell’occasione sarà la volta delle difese, con Messina difeso dall’avvocato Ivan Pietro Maravigna: «Esprimo una parziale delusione per le parole dell’accusa – commenta il legale a MeridioNews – a mio avviso per una insufficiente valorizzazione del contributo dato da Messina alle indagini, in relazione ad altri soggetti in questo momento estranei al procedimento».
L’ex vertice della partecipata, stando alle ipotesi della procura di Catania, sarebbe stato l’elemento centrale di una sorta di cerchio magico, che avrebbe avuto in Trombetta «un perno fondamentale». Da un lato l’uomo-camaleonte sopravvissuto a tre stagioni politiche, finito anche nelle grazie dell’ex presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta, dall’altro l’imputato diventato il suo uomo ombra, in passato beneficario di una consulenza a titolo gratuito nell’ambito del comparto impianti elettrici della società pubblica. La stessa che oggi è attraversata da uno stato di profonda crisi e affidata all’amministrazione del presidente Silvio Ontario. Sul ruolo di Messina, e sulla sua configurazione giuridica in Pubbliservizi, ruota uno dei passaggi fondamentali della linea difensiva per la contestazione del reato di peculato. Per l’avvocato Maravigna il suo assistito «non rivestiva la qualifica di pubblico ufficiale e, pertanto, tutte le condotte poste in essere non realizzano i reati contestati».
La gestione sotto la guida di Messina era iniziata a giugno 2015, salvo poi risolversi con le dimissioni arrivate il 7 dicembre 2016. Mesi trascorsi al comando con lo scossone di due presunte intimidazioni fatte di proiettili, teste di animali mozzate e tante lacrime, ma sulla cui veridicità la procura ha nutrito forti perplessità. L’ex crocettiano avrebbe rivoltato come un calzino la società pubblica fornendo un nuovo elenco di ditte fornitrici ma anche stabilendo nomine di fedelissimi e demansionamenti. In cambio avrebbe ottenuto un costoso Rolex, una macchina Bmw x3 ma anche abiti firmati, pranzi e feste. Come quella organizzata per il 60esimo compleanno dell’uomo. Tanto che nelle carte dell’inchiesta l’ex capo di Pubbliservizi veniva bollato come «un uomo dedito all’agire antigiuridico che strumentalizzava la sua carica in modo spregiudicato».
Un filone processuale separato, ma comunque collegato a quest’inchiesta, è quello che si svolge con il rito ordinario. Tra i rinviati a giudizio ci sono infatti Giovanni Pedi, Simone Reitano, Salvatore Branchina e Alfio Giuffrida. Imprenditore originario di Trecastagni, quest’ultimo, stando alle ipotesi dell’accusa, si sarebbe fatto carico di versare una grossa cifra per comperare il Rolex destinato a Messina, un esemplare da 23mila euro. Lo stesso avrebbe messo a disposizione la sua lussuosa residenza per la festa di compleanno. Secondo la magistratura le fondamenta del sistema di corruzione architettato tra i corridoi della società si sarebbe poggiato su affidamenti di lavori a società compiacenti. Nel mirino sono così finiti i cantieri riguardanti la manutenzione di edifici scolastici e di strade. Per riuscirci la presunta associazione a delinquere avrebbe agito con affidamenti diretti sotto la soglia dei 40mila euro, così da evitare i bandi pubblici, salvo poi gonfiarli con varianti in corso d’opera che avrebbero fatto lievitare il prezzo.
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