Pubblicità, cartoni e film: ma cosa vediamo ogni giorno?

Sempre meno ci rendiamo conto di guardare delle vere e proprie pazzie!
Per quanto mi riguarda posso non guardare più la televisione. Ormai mi sono rassegnato da un po’. Tutto ha inizio allorquando una ragazzina, appena la Sip diventa Telecom, chiede al fidanzato per telefono “Mi ami? Ma quanto mi ami?” e ancora “Mi pensi? Ma quanto mi pensi?”. Tutto andrebbe per il verso giusto, senonché le ragazzine più grandi di me imitano a pappagallo la ragazzina sopraccitata, rendendo la frase ancora più mielosa di quanto già non fosse.
Altra pubblicità. Altro tormento. La Breil (per chi non lo sapesse famosa marca d’orologi e monili in genere) parte con la réclame di una modella seminuda che con sguardo minaccioso rivolto verso lo spettatore dice “Toglietemi tutto, ma non il mio Breil”. Ora, se una cosa del genere dovesse essere detta a dei rapinatori, quelli prima ti uccidono e poi ti fregano il Breil, ma nonostante ciò il malcapitato o la malcapitata di turno avrà fatto la sua bella figura.
Una pubblicità che non approverò mai è quella del tonno Rio Mare (già un tonno che si chiama Fiume-Mare mi fa un po’ pensare): la réclame recita testualmente “Così tenero che si taglia con un grissino”, io ho verificato e nel mio caso il grissino si rompe e il tonno resta intatto. Misteri dell’ittiologia.
Qualcuno mi spieghi un’altra cosa: nella pubblicità delle Freshmaker, dopo che avevi mangiato il confetto al sapor di menta sembrava che avessi scoperto la formula della relatività; io, dopo che avevo mangiato le Freshmaker, avevo un alito freschissimo, ma non riuscivo a pensare più di tanto.
Altro capitolo importante per la nostra vita è quello dei cartoni animati. Io e molti altri della mia generazione siamo cresciuti con i gol di Holly e Benji (i ragazzi) e le schiacciate di Mila e Shiro (le ragazze).
Cominciamo dai primi. Ci troviamo in Giappone alla metà degli anni Ottanta ed un ragazzino appassionato di calcio si trasferisce nella capitale nipponica e lì risiederà a lungo. Sin qui niente da obiettare: ma come fa un bambino giapponese a chiamarsi Oliver Atton? Sarà un caso… E invece no! Perché da questo momento in poi tutti gli amici e gli avversari di Holly avranno nomi anglo-americani, come ad esempio: Benjamin Price, Mark Landers, Tom Becker, I Gemelli del Gol (non Pulici e Graziani) bensì i Gemelli Derrick e così via dicendo. Fosse solo per questo per me andrebbe benissimo, ma in Holly e compagnia bella le stranezze sono infinite, del tipo:
– calciano a velocità supersonica;
– dribblano tutti (spettatori compresi) e non escono mai dal campo;
– giocano in un campo a dorso di bue;
– le due porte hanno una distanza di 9000 km l’una dall’altra: questa teoria è confermata dal fatto che una finale dura circa 10 giorni, l’arbitro e i guardalinee vanno in giro per il campo con la Yamaha M 1 di Valentino Rossi e che tra una porta e l’altra ci siano dodici ore di fuso orario;
– questi ragazzi riescono a giocare in condizioni disumane, con un campo che sembra una risaia e loro che hanno varie ossa del corpo frantumate.
– ogni volta che qualcuno tira il pallone diventa ovale, poi raggiunge la velocità del suono e infine diventa luminoso.
Ogni volta che io e i miei compagni, da piccoli s’intende, cercavamo di fare qualcosa alla Holly e Benji finivamo per farci un male temendo e non riuscivamo mai ad imitare i nostri “idoli”.
Capitolo Mila e Shiro. Mila è una ragazza di 16 anni circa che misura (questo è il dato importante) circa 165 cm e che ha una gran passione per la pallavolo. Ora, senza nulla togliere ai meriti di Mila, ma come fa una ragazza di un metro e sessantacinque centimetri, sapendo che la rete da pallavolo è alta 250 cm, a saltare circa per 450cm senza entrare in orbita? E ancora: come fa la medesima ragazzina con le sue amiche a levitare in aria per 15 minuti circa e a pensare con quale mano schiacciare e dove mettere la palla, se io quando gioco a pallavolo ho a mala pena il tempo di accorgermi da dove arriva la palla?
Segreti dei cartoni giapponesi.
Ultimo riferimento di quest’excursus è il famoso telefilm “McGyver: un uomo, un inventore”. Ancora oggi non riesco a capire per conto di chi lavorasse McGyver e cosa facesse di preciso, ma di certo so solo una cosa: quest’uomo riusciva a fare di un accendino a gas semivuoto, una bomba con raggio d’azione di circa 500 metri. Che faceva con un fiammifero ed una sveglia? Semplice: un lanciafiamme a distanza regolabile. E di una macchinina radiocomandata, un candelotto di dinamite e due ali di pappagallo? Un missile terra-aria, logico!
Tutte queste cose fanno di McGyver una cosa sola: un arrotino con laurea in scienze ipertecnologiche all’università della NASA. E ancora oggi nessuno lo ha capito.
Del resto della tv non parlo, in quanto già molte righe sono state spese e le mie sarebbero solo righe superflue atte a celebrare o criticare un mezzo che dall’entrata nel nuovo millennio si è un po’ perso e si è adeguato su livelli a volte un po’ bassi e volgari.
Quest’articolo cerca di essere un modo per far comprendere a grandi e piccini che non tutto quel che vediamo può essere assimilato e riprodotto da noi nella realtà: bisogna accostarsi alla tv, alla radio,ai videogame e un po’ a tutto senza mai cercare di perdere se stessi e soprattutto senza mai perdersi in realtà che non coincidono mai con la nostra.

Rosario Cappello

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