“Il mondo sta cambiando, ma la Sicilia, per certi versi, no. Se guardiamo ai numeri, ci accorgiamo che oltre il 50 per cento dell’economia siciliana è rappresentata dal pubblico. L’economia della nostra Isola è simile a quella dell’ormai scomparsa Unione sovietica. Siamo tutti d’accordo sul fatto che bisogna cambiare. Aiutando il privato a crescere. Ma non è un cambiamento che si farà dall’oggi al domani. Oggi, se non vogliamo che la Sicilia precipiti nel baratro economico, dobbiamo trovare il modo di fare funzionare il pubblico”.
Così parla Giuseppe Ursino, Facilitatore del Tavolo per le imprese, organizzazione imprenditoriale che si batte per la modernizzazione della Sicilia.
“Oggi, è inutile girarci attorno, in molti casi il pubblico, in Sicilia – e mi riferisco alla Pubblica amministrazione e alle aziende comunque riconducibili al pubblico – sono una palla al piede. Serve una svolta. Una scossa. Un cambiamento culturale. Nei giovani il cambiamento è nelle cose. Ma nelle generazioni mature e anziane che oggi occupano i posti apicali nella Pubblica amministrazione e nelle aziende pubbliche il cambiamento risulta problematico”.
“Così abbiamo deciso di mettere a confronto due mondi – dice sempre il Facilitatore del Tavolo per le imprese -. Appuntamento a Catania il prossimo 4 dicembre al Palazzo delle Scienze. Abbiamo invitato Rosario Caffo, quarantenne, direttore dell’Ikea di Catania, e Carlo Lungaro, settantenne, già direttore dell’Enichem di Priolo, da un anno presidente di Amt, la società di trasporto catanese. Mettiamo a confronto due personaggi diversi. Due aziende diverse, certo, ma che hanno in comune il denominatore imprenditoriale. Perché se un’azienda pubblica siciliana non comincia a metabolizzare la managerialità tipica del privato, beh, faremo poca strada. Così abbiamo deciso di mettere a confronto due manager diversi per storia e cultura imprenditoriale. Che si confronteranno su acquisti, gestione del personale, rapporto con i clienti. Proveremo a cogliere le differenze. Vogliamo sollecitare il cambiamento. Ripeto: se in Sicilia non cambiamo la gestione del pubblico non verremo fuori dalla crisi”.
“Noi siamo consapevoli che la Sicilia è messa male – insiste Ursino -. Che siamo messi male. Lo debbo dire per onestà intellettuale: anche il mondo dei tavolisti, a fronte dello scenario attuale della Sicilia, guarda anche fuori. Al Qatar, alla Spagna, alla Romania. E mi sembra anche logico: alla fine, piuttosto che morire, un’impresa cerca di salvarsi cambiando ambiente. Noi, ovviamente, non ci arrendiamo. Vogliamo lottare per cambiare la Sicilia”.
Ricordiamo a Ursino che, tra i tanti problemi della Sicilia, c’è anche quello dell’indebitamento finanziario. Che rischia di aumentare nei prossimi mesi. E se aumenta l’indebitamento, aumenta la pressione fiscale. A cominciare da Irpef e Irap.
“Sull’Irap – ci dice Ursino – il Governo Renzi sta dando delle risposte concrete. L’Irap, con la riforma introdotta da questo Governo, verrà depurato dal costo del lavoro. E questo è un grande risultato per le imprese. Detto questo – conclude il Facilitatore del Tavolo per le imprese – il tema, per la Sicilia, resta sempre quello: il cambiamento culturale nella gestione del pubblico. E’ questa la grande scommessa della Sicilia”.
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